8 Gennaio 2018
A seguito della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, lo scorso 1° gennaio è entrata in vigore la Legge di Bilancio 2018 (l. 205/2017) , che, come ogni anno, contiene numerose disposizioni incidenti sulla gestione dei rapporti di lavoro.
Di seguito si segnalano solo alcune di tali novità, rinviando per le altre a successivi interventi ed approfondimenti.
Credito di imposta per l’attività di formazione del personale.
La Legge di Bilancio 2018, introduce, in favore delle imprese che effettuino spese in attività di formazione – concordate con le OO.SS. a livello aziendale o territoriale – per acquisire o consolidare le conoscenze delle tecnologie previste dal Piano nazionale Industria 4.0 (ad esempio: big data e analisi dei dati, cloud e fog computing, cyber security, sistemi cyber-fisici, etc.), un credito di imposta pari al 40% delle spese relative al solo costo aziendale del personale dipendente per il periodo in cui è occupato in attività di formazione, sino ad un limite massi di euro 300.000 per ciascun beneficiario.
A tali fini, tuttavia, non si considerano attività di formazione ammissibili la formazione ordinaria o periodica organizzata dall’impresa per conformarsi alla normativa vigente in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, di protezione dell’ambiente e ad ogni altra normativa obbligatoria in materia di formazione.
Incentivi per l’occupazione giovanile stabile.
Il provvedimento in esame, ai commi 100 e ss., reintroduce – come anticipato con precedente news – una nuova forma di sgravio contributivo (non cumulabile con altre agevolazioni), volta ad incentivare non tutte le assunzioni a tempo indeterminato (come invece avvenuto negli anni 2015 e 2016), ma solamente quelle rivolte ai giovani.
L’incentivo, infatti, spetta unicamente ai datori di lavoro privati che, a decorrere dal 1° gennaio 2018, assumano (o convertano precedente rapporti a termine), con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a tutele crescenti, lavoratori che (i) non abbiano compiuto il trentesimo anno di età (limite innalzato, per il solo 2018, a 35 anni di età) e (ii) non siano stati occupati a tempo indeterminato con il medesimo o con altro datore di lavoro (fatta salva l’ipotesi di godimento parziale dell’incentivo, nel qual caso è possibile beneficiare della parte residua dell’agevolazione).
A tali condizioni, è prevista l’applicazione, per un periodo massimo di trentasei mesi, di un esonero dal versamento del 50% dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro (ad eccezione dei premi e contributi INAIL), nel limite massimo di importo pari a 3.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile.
Tale agevolazione, inoltre, si applica, seppur per un periodo non superiore a dodici mesi, anche nei casi di prosecuzione di un contratto di apprendistato in rapporto a tempo indeterminato a condizione che il lavoratore non abbia compiuto il trentesimo anno di età alla data della prosecuzione.
Ai sensi della nuova normativa, tuttavia, l’applicazione dell’esonero contributivo introduce alcune rigidità in materia di licenziamento.
Lo sgravio, infatti, non spetta ai datori di lavoro che, nei sei mesi precedenti l’assunzione, abbiano proceduto a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo ovvero a licenziamenti collettivi nella medesima unità produttiva.
Si tratta, evidentemente, di una misura volta ad evitare utilizzi impropri del beneficio, che tuttavia ne impedirà il godimento non solo a chi abbia precedentemente licenziamento (per g.m.o. o licenziamento collettivo) lavoratori di pari qualifica, ma anche a chi abbia receduto per le medesime causali dai rapporti con dipendenti anche appartenenti a categorie o livelli diversi.
È inoltre previsto che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo del lavoratore per cui si è beneficiato dell’esonero contributivo o di un lavoratore impiegato nella medesima unità produttiva e inquadrato con la medesima qualifica, effettuato nei sei mesi successivi all’assunzione agevolata, comporta la revoca dell’esonero e il recupero del beneficio già fruito.
L’esonero contributivo, infine, è elevato alla misura dell’esonero totale dal versamento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, fermi restando il limite massimo di importo pari a 3.000 euro su base annua e il previsto requisito anagrafico, ai datori di lavoro privati che assumano, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a tutele crescenti, entro sei mesi dall’acquisizione del titolo di studio:
Disciplina della qualifica di educatore professionale.
La Legge di Bilancio 2018, inoltre, mira anche a risolvere l’annoso problema dei laureati in scienze dell’educazione e della formazione (classe di laurea L-19) che, nonostante la formale denominazione del corso frequentato, non potevano sinora fregiarsi del titolo di educatore professionale.
Nel nostro ordinamento, infatti, nonostante la confusione generata da alcune pronunce della giurisprudenza amministrativa ed interventi della legislazione regionale, tale titolo è stato sinora riconosciuto solamente ai possessori del diploma di laurea abilitante di un corso di laurea della classe L/SNT2 (Professioni sanitarie della riabilitazione), così come da ultimo confermato dal DPCM 26 luglio 2011 (che ha escluso l’equipollenza tra il suddetto diploma di laurea ed i titoli universitari rilasciati dalla facoltà di Pedagogia e Scienze della Formazione per educatore professionale).
Ciò posto, la legge n. 205/2017 istituisce il profilo dell’educatore professionale socio-pedagogico (ESP), il quale è il professionista che – in possesso di laurea L19 (Classe delle lauree in Scienze dell’Educazione e della Formazione) – opera nei servizi e nei presidi socio-educativi e socio-assistenziali, nei confronti di persone di ogni età, prioritariamente nei seguenti ambiti: educativo e formativo; scolastico; socio-assistenziale, limitatamente agli aspetti socio-educativi; della genitorialità e della famiglia; culturale; giudiziario; ambientale; sportivo e motorio; dell’integrazione e della cooperazione internazionale.
Quanto ai titoli abilitanti per la professione di ESP, si segnala che la legge in esame richiama anche il d.lgs. 65/2017 e, pertanto, l’accesso a tale qualifica sembrerebbe consentita anche a coloro che siano in possesso di un diploma di laurea nella classe L-19 ad indirizzo specifico per educatori dei servizi educativi per l’infanzia, o del diploma di laurea magistrale a ciclo unico nella classe LM-85-bis in Scienze della formazione primaria integrata da un corso di specializzazione per complessivi 60 crediti formativi universitari.
A latere della figura dell’ESP, la norma istituisce (rectius: conferma) il profilo professionale dell’educatore socio-sanitario (ESS), rinviando in toto, per la sua disciplina, al d.m. 520/1998 che già disciplinava la figura dell’unico educatore professionale prima previsto.
Per quanto sopra, deve intendersi confermato che l’ESS è l’operatore che – in possesso del diploma di laurea abilitante di un corso di laurea della classe L/SNT2 – attua specifici progetti educativi e riabilitativi, nell’ambito di un progetto terapeutico elaborato da un’equipe multidisciplinare, volti ad uno sviluppo equilibrato della personalità con obiettivi educativo/relazionali in un contesto di partecipazione e recupero alla vita quotidiana, ovvero cura il positivo inserimento o reinserimento psicosociale dei soggetti in difficoltà.
Con riferimento alla prima applicazione della normativa in esame, inoltre, è previsto che, in via transitoria, la qualifica di ESP possa essere attribuita, previo superamento di uno specifico corso intensivo di formazione universitaria, anche a coloro che, alla data del 1° gennaio 2018, risultino in possesso di uno dei seguenti requisiti: a) inquadramento nei ruoli delle amministrazioni pubbliche a seguito del superamento di un pubblico concorso relativo al profilo di educatore; b) svolgimento dell’attività di educatore per non meno di tre anni, anche non continuativi, da dimostrare mediante dichiarazione del datore di lavoro ovvero autocertificazione dell’interessato; c) diploma rilasciato entro l’anno scolastico 2001/2002 da un istituto magistrale o da una scuola magistrale.
Sempre in via transitoria, inoltre, la qualifica di ESP potrà essere attribuita anche a coloro che, alla data del 1° gennaio 2018, risultino titolari di contratto di lavoro a tempo indeterminato con qualifica di educatore socio-pedagogico o di pedagogista, a condizione che, alla medesima data, abbiano età superiore a cinquanta anni e almeno dieci anni di servizio, ovvero abbiano almeno venti anni di servizio.
È, infine, previsto che i soggetti che, alla data del 1° gennaio 2018, hanno svolto l’attività di educatore per un periodo minimo di dodici mesi, anche non continuativi, documentata mediante dichiarazione del datore di lavoro ovvero autocertificazione dell’interessato, possono continuare ad esercitare detta attività; per tali soggetti, il mancato possesso della qualifica di educatore professionale socio-pedagogico o di educatore professionale socio-sanitario non può costituire, direttamente o indirettamente, motivo per la risoluzione unilaterale dei rapporti di lavoro in corso al 1° gennaio 2018, né per la loro modifica, anche di ambito, in senso sfavorevole al lavoratore.
Da ultimo, si segnala che la Legge di Bilancio disciplina anche il profilo professionale del pedagogista, per il cui accesso è richiesto il possesso di un diploma di laurea abilitante nelle classi di laurea magistrale LM-50 (Programmazione e gestione dei servizi educativi), LM-57 (Scienze dell’educazione degli adulti e della formazione continua), LM-85 (Scienze pedagogiche) o LM-93 (Teorie e metodologie dell’e-learning e della media education).