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Valorizzazione delle assenze del personale.

31 Gennaio 2020

Il Tribunale di Velletri, con la recentissima sentenza n. 140 del 28 gennaio 2020, si è pronunciato sulla vexata quaestio della valorizzazione delle assenze del personale ai fini dell’assolvimento del debito orario, confermando che le stesse (come da sempre sostenuto dall’ARIS), salvo il caso di godimento “ad ore”, devono essere quantificate dalle strutture sanitarie e socio-sanitarie come 1/26 del monte orario mensile, a prescindere dalla durata delle prestazioni che il dipendente avrebbe dovuto rendere nella giornata.

Come noto, si tratta di una questione molto delicata, spesso oggetto di accesi dibattiti con lavoratori ed organizzazioni sindacali.

Proprio con l’intento di porre fine a tali contrasti, l’ARIS, nel 2013, aveva chiesto il parere del Ministero del Lavoro, ricevendo già all’epoca conferma della correttezza della propria posizione.

In particolare, infatti, il predetto Dicastero, con nota prot. 32 dell’8 gennaio 2014, ha precisato che “in caso di assenza in una giornata in cui era previsto un turno di durata inferiore o superiore all’orario di lavoro ordinario (per esempio turno di 7, 8 o 10 ore) è all’orario di lavoro normale previsto dal contratto collettivo applicato che bisognerà fare riferimento ai fini della quantificazione del valore dell’assenza sotto il profilo contrattuale e retributivo” e che “qualora l’assenza del lavoratore dovesse verificarsi in un giorno in cui, in base al calendario dei turni programmati, avrebbe dovuto lavorare 10 ore e l’orario normale di lavoro fosse invece di 8 ore, la sua assenza sarà conteggiata ai fini contrattuali e retributivi in base a quest’ultimo, ma il lavoratore sarà tenuto a recuperare in un altro giorno le due ore di lavoro non effettuate….

Ebbene, tale principio – già applicato da numerose strutture sanitarie private – ha finalmente trovato conferma anche da parte della giurisprudenza.

Con la sentenza in esame, infatti, il Tribunale di Velletri, adito da alcuni lavoratori (turnisti e non) che contestavano la predetta modalità di valorizzazione delle proprie assenze (applicata, nella fattispecie, ai permessi ex art. 33, l. 104/92 goduti “a giornata”), ha ritenuto del tutto corretti i criteri enunciati dal Ministero del Lavoro, in quanto conformi all’esigenza di “non consentire alcun ingiustificato arricchimento del lavoratore nella scelta della giornata di permesso da usufruire a seconda dell’orario di turno programmato”.

In particolare, con riferimento al caso specifico di una struttura ospedaliera associata all’ARIS, il Tribunale ha precisato che “l’orario normale di lavoro previsto dal ccnl per il personale non medico dipendente da strutture sanitarie associate ad ARIS, AIOP e FDG pacificamente applicato ai rapporto di lavoro dei ricorrenti è pari a 36 ore settimanali (art. 18), e la paga di una giornata lavorativa è determinata sulla base di 1/26 delle competenze della retribuzione (si veda art. 58 della contrattazione richiamata). Appare quindi corretto il calcolo operato dalla parte datoriale. L’orario di lavoro giornaliero contrattuale è pari a 6 ore secondo il seguente calcolo: 36 (ore settimanali) x 51 (numero delle settimane in un anno) / 12 (mesi dell’anno) / 26= 6”.

Conseguentemente, ha ritenuto del tutto legittima la pretesa del datore di lavoro “di far recuperare il debito orario così realizzatosi (per assenza di una giornata in cui era programmato un orario superiore all’orario giornaliero contrattuale)”.

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