8 Marzo 2019
La Suprema Corte, con sentenza n. 5425 del 25 febbraio 2019, è intervenuta in tema di licenziamento intimato durante il congedo del lavoratore per assistenza al portatore di handicap convivente.
Nell’espletamento di una procedura collettiva, la società ha licenziato un lavoratore assente per assistere il padre, portatore di handicap grave (in base all’art. 4, c. 1, L. n.104/1992) in congedo straordinario ex art. 42, c. 5, L. 151/2001.
In proposito si rammenta che l’articolo citato disciplina il diritto del convivente (tra cui rientra, secondo la Corte Costituzionale 19/2009, anche il figlio) di un soggetto con handicap grave di fruire, in virtù di quanto previsto dall’art.4, c. 2, L. 53/2000, di un periodo di congedo straordinario, continuativo o frazionato, non superiore a due anni, durante il quale “il dipendente conserva il posto di lavoro”.
Secondo il ricorrente, il licenziamento intimato in costanza della fruizione del congedo in parola sarebbe, pertanto, in contrasto con la previsione del suddetto articolo 4.
La Cassazione, al contrario, ha respinto il ricorso del lavoratore ritenendo corrette le conclusioni della Corte di Appello, secondo cui l’articolo 4, c. 2, L. n. 53/2000 “pone un divieto al licenziamento solo se fondato sulla fruizione del congedo medesimo, ma non anche per ogni causa, diversa e legittima, di risoluzione del rapporto di lavoro”.
In altre parole, il diritto alla conservazione del posto non esprime, dunque, limitazioni al potere di recesso del datore di lavoro in presenza di altre circostanze legittimanti il licenziamento, posto che la norma ha quale scopo precipuo quello di garantire al lavoratore una stabilità economica per il periodo di assistenza al congiunto disabile.
In conclusione, la fruizione del congedo straordinario non comporta una sorta di immunità del lavoratore per cause estintive del rapporto di lavoro previsti dalla legge ed estranee all’assenza ma ne sospende gli effetti fino al termine del congedo medesimo.