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Trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno in tempo parziale

14 Dicembre 2012

Particolare rilievo assume, nell’ambito della gestione del rapporto di lavoro del personale dipendente, l’ipotesi della trasformazione dello stesso da tempo pieno in tempo parziale.
Il contesto normativo e giurisprudenziale delineatosi in questi ultimi anni ha portato ad una serie di conclusioni, orientate in linea di massima, al tentativo di contemperare le diverse esigenze dei datori di lavoro e degli stessi lavoratori.

Da ciò ne consegue che l’esame di questa particolare forma di trasformazione da tempo pieno a tempo parziale, incidente sul rapporto di lavoro, non può prescindere da una duplice analisi che tenga conto, seppur congiuntamente, del punto di vista delle singole posizioni del lavoratore da un lato e del datore di lavoro dall’altro.
Si vuole innanzitutto evidenziare che attraverso l’istituto del part-time il legislatore ha operato il tentativo di coniugare le esigenze di flessibilità e fluidità dell’impresa, costretta a fronteggiare i continui mutamenti della richiesta produttiva e allo stesso tempo tutelare i lavoratori, impedendo che l’eccessiva “elasticità” si traducesse in una sorta di mancanza di forme di tutela.
La recente Riforma del mercato del lavoro (cd. Legge Fornero), pur intervenendo in maniera incisiva sulla disciplina del part-time,  non demolisce il complesso sistema di regole di cui al Dlgs. 61/2000 “Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all’accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES”.
Con il comma 20 dell’art. 1 della Legge di Riforma sono rafforzate le tutele del lavoratore che in un contratto di lavoro a tempo parziale abbia concordato con il datore di lavoro clausole flessibili o elastiche di svolgimento della prestazione, venendo in effetti modificati i commi 7 e 9 dell’art. 3 del Dlgs. 61 del 2000 che disciplinavano, appunto, le “clausole flessibili o elastiche” eventualmente contenute nel contratto part-time.

Portando l’attenzione al merito dell’argomento che qui interessa e su cui si vuole porre l’accento, occorre sin da subito evidenziare che la posizione del lavoratore aspirante alla trasformazione del proprio rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, non può essere qualificata in termini di diritto soggettivo (così Cass. Civ. sez. Lav. 4 Maggio del 2011 n. 9769), nel senso che, ricorrendo una delle fattispecie indicate nell’accordo aziendale integrativo (nel caso di specie, problemi di salute del lavoratore o di un membro del suo nucleo familiare che richiedano particolari forme di assistenza; gravi motivi familiari legati alla famiglia del prestatore e all’educazione dei figli; esigenze personali – motivi di studio, attività sociali, attività sportive etc.- ed infine richieste non motivate), il lavoratore istante abbia senz’altro diritto alla concessione del part-time.
Infatti, debbono sussistere in via prioritaria, delle esigenze organizzative e produttive aziendali che consentano, che alcune prestazioni lavorative, in una determinata unità produttiva, siano svolte in regime di tempo parziale.
Ne consegue che solo il datore di lavoro può – nell’esercizio della discrezionalità che gli è propria con riferimento agli aspetti organizzativi dell’impresa – stabilire se effettivamente ci sia bisogno di prestazioni a tempo parziale e se le richieste avanzate in tal senso dai dipendenti rispondano alle esigenze aziendali medesime, sì da potere trovare accoglimento.
Si tratta, quindi, di un potere discrezionale il cui esercizio non è sindacabile dal dipendente.

Resta in ogni caso fermo però, l’ampio spazio lasciato alla contrattazione collettiva  nel determinare i criteri di precedenza, che come emergerà anche in prosieguo, vanno a limitare il potere del datore di lavoro, nel “come”, ovverosia nell’iter di scelta volto ad individuare a chi accordare il part-time in presenza di plurime richieste, sulla scorta dei parametri di preferenza definiti dalla contrattazione collettiva.
Infatti, la decisione di concedere o negare la trasformazione del rapporto a part-time – in presenza di una valutazione positiva da parte del datore di lavoro circa l’esigenza di prestazioni a tempo parziale, nonchè l’utilità di prestazioni lavorative così rese – non è più discrezionale, bensì vincolata ai criteri prestabiliti in sede di accordo collettivo, ai quali il datore di lavoro deve conformarsi nella regolamentazione dei singoli rapporti, facendo applicazione dei criteri di buona fede e correttezza che debbono ispirare l’esecuzione del contratto (ex artt. 1175 e 1375 c.c.).
A fronte di quanto appena esposto, e seguendo l’orientamento giurisprudenziale profilatosi con la sentenza della Corte di Cassazione, sezione Lavoro n. 9769 del 04/05/2011, la posizione datoriale rispetto alla concessione del part-time richiesto dal dipendente corrisponde ad un potere discrezionale nell’an e vincolato nel quomodo.
Infatti la citata pronuncia, conferma che la mancata concessione della trasformazione a “part time” del rapporto a tempo pieno, “ove nel caso concreto quest’ultima risulti giuridicamente doverosa, ai sensi e per gli effetti della contrattazione collettiva”, costituisce violazione dei criteri di buona fede e correttezza che debbono ispirare l’esecuzione del contratto e, quindi, inadempimento contrattuale, di cui si può chiedere l’accertamento in relazione alla domanda di risarcimento dei danni conseguenti alla mancata trasformazione del rapporto di lavoro.
Nel caso di specie la Suprema Corte, ha ritenuto infondata la pretesa di trasformazione “ora per allora” del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale.

Nel mentre, però, ha confermato il dovere del datore di lavoro di valutare concorsualmente le domande di tutti i soggetti interessati, anche se non presentate nello stesso momento e preferire nella concessione del part-time, il dipendente che si trova nelle condizioni indicate dall’accordo aziendale integrativo (ragioni di salute e anzianità di servizio), che ne determinano la primazia nell’accoglimento della domanda di trasformazione.
Al riguardo si ricorda che il ccnl per il personale non medico dipendente delle strutture sanitarie, all’art. 21 e relativamente al rapporto di lavoro a tempo parziale, contiene specifici riferimenti in ordine a condizioni di priorità nel passaggio da tempo pieno a tempo parziale che possono essere previste nell’ambito della regolamentazione del rapporto stesso.
Più in particolare si prevede che “…il rapporto di lavoro a tempo parziale può prevedere la priorità nel passaggio da tempo pieno a tempo parziale o viceversa dei lavoratori già in forza rispetto ad eventuali nuove assunzioni per pari qualifiche. Le modalità per l’informazione e per la formalizzazione delle richieste e l’accettazione o il rifiuto della proposta saranno definite a livello aziendale…omissis…la trasformazione del rapporto da tempo pieno a tempo parziale potrà avere anche natura predeterminata…il lavoratore che abbia ottenuto il passaggio dal tempo pieno al tempo parziale o viceversa per i due anni successivi sarà collocato in coda alle eventuali specifiche graduatorie...”.

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