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Sul diritto dei turnisti alle indennità anche di domenica e nei giorni di ferie

9 Novembre 2012

Un quesito che recentemente è stato in più occasioni posto all’attenzione dello scrivente Servizio è relativo al diritto – in favore dei lavoratori turnisti – di ottenere il pagamento delle maggiorazioni per il lavoro su turni anche per i periodi di ferie e per le domeniche in cui non hanno prestato l’attività lavorativa.
Il dubbio è sorto a seguito della sentenza del 2 maggio 2011, n. 9612, nella quale la Suprema Corte, respingendo il ricorso del datore di lavoro, confermava la pronuncia della Corte territoriale che riconosceva le indennità di turno ai lavoratori ricorrenti, anche nei giorni di ferie e nelle domeniche, indipendentemente dallo svolgimento di attività lavorativa.
Sulla scorta di tale pronuncia, alcuni rappresentanti sindacali hanno – invero timidamente – avanzato pretese volte ad ottenere, anche in favore dei dipendenti turnisti di Strutture associate, il riconoscimento di analogo trattamento.
Tali pretese, tuttavia, sono infondate e riposano su un’errata e/o disattenta lettura della pronuncia in argomento, la quale muove dal presupposto della “assenza di regole pattizie sul punto delle assenze retribuite”, constatata la quale e facendo ricorso all’orientamento della giurisprudenza in materia, la Suprema Corte conclude affermando che le maggiorazioni in questione costituiscono una componente non accidentale della retribuzione sulla quale calcolare l’indennità spettante in caso di assenza per malattia, infortunio o ferie.
Come si vede, dunque, la sentenza in esame non appare assumere la portata generale attribuitale, atteso che si riferisce alla ritenuta legittimità dell’interpretazione fornita da una Corte territoriale su accordi contrattuali specifici, relativi ad altri istituti e a diverso settore produttivo.
Nei ccnl della Sanità Privata, viceversa, esistono espresse norme contrattuali, sufficientemente chiare nel senso di ritenere dovuta la corresponsione di indennità solo per l’ipotesi di effettivo svolgimento della prestazione.
Già solo per tale motivo, pertanto, ogni equivoco sul punto può essere evitato, tenendo conto peraltro che in diverse altre occasioni la medesima Suprema Corte ha raggiunto ben diverse conclusioni da quelle di cui alla citata sentenza (si ribadisce, riferite tuttavia ad un caso specifico, non interpretabile analogicamente).
Ad esempio, il Supremo Collegio – con sentenza n. 16338/09 – ha statuito che “Questa Corte ha più volte affermato che ai fini del riconoscimento del diritto dei lavoratori subordinati al computo nella base di calcolo della retribuzione per il periodo feriale della maggiorazione per lavoro notturno, non è sufficiente l’accertamento della “normalità” della prestazione notturna in turni periodici e della erogazione della relativa indennità (reintroducendosi altrimenti il criterio della onnicomprensività della retribuzione, non legittimato in generale dal legislatore), ma, trattandosi di compenso erogato in ragione delle particolari modalità della prestazione lavorativa e a compensazione dei relativi disagi, e in quanto tale non assistito dalla garanzia della irriducibilità della retribuzione di cui all’articolo 2103 c.c., occorre anche che la contrattazione collettiva faccia riferimento al concetto di retribuzione “ordinaria” o “normale” (Cass. 24 febbraio 2003 n. 2791, 7 aprile 2003 n. 5408, 4 settembre 2003 n. 12921, 16 febbraio 2004 n. 23422, 6 ottobre 2005 n. 19425, 23 febbraio 2007 n. 4270, 7 febbraio 2008 n. 2872)”.
Alla luce delle considerazioni ora svolte, si ritiene che possa essere rigettata ogni istanza volta ad attribuire ai lavoratori le menzionate indennità anche in ipotesi di non effettiva prestazione dell’attività lavorativa.

 

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