18 Gennaio 2013
Recentemente, il Ministero del Lavoro – rispondendo attraverso il proprio back office ad un quesito sulla gestione dei contratti di sostituzione per maternità (art. 4, d. lgs. 151/01) a seguito dell’entrata in vigore della cd. legge Fornero – ha reso un’interpretazione sicuramente nuova e piuttosto discutibile in materia di successione di contratti a termine per sostituzione di lavoratrici in maternità.
Al proposito, conviene preliminarmente ricordare che l’art. 5, co. 3, d. lgs. 368/01 – così come modificato dalla novella legislativa sopra citata – prevede che tra la scadenza del precedente contratto, o successivamente prorogato, e la stipula di un nuovo contratto a tempo determinato, devono intercorrere almeno 60 giorni (e non più 10, come previsto dalla previgente normativa), nel caso di contratti di durata non superiore a 6 mesi, ovvero 90 giorni (contro i 20 previsti dal dettato normativo previgente), in caso di contratti di durata superiore a 6 mesi, nulla disponendo diversamente per le ipotesi di contratti a termine stipulati per sostituzione di maternità.
Dal canto suo, l’art. 4, co. 1, d. lgs. 151/2001 prevede che “In sostituzione delle lavoratrici e dei lavoratori assenti dal lavoro, in virtù delle disposizioni del presente testo unico, il datore di lavoro può assumere personale con contratto a tempo determinato o temporaneo, ai sensi, rispettivamente, dell’articolo 1, secondo comma, lettera b), della legge 18 aprile 1962, n. 230 [normativa che regolamentava il contratto di lavoro a tempo determinato prima dell’introduzione del d. lgs. 368/01], e dell’articolo 1, comma 2, lettera c), della legge 24 giugno 1997, n. 196, e con l’osservanza delle disposizioni delle leggi medesime”.
Orbene, secondo il recente parere espresso dal Ministero, l’art. 4, co. 1, d. lgs. 151/01 si configura come lex specialis, in quanto norma volta a tutelare la maternità, e pertanto – anche in considerazione della circostanza per cui tale disposizione nessuna modifica ha subito per effetto della legge di riforma – essa prevale sulla disciplina generale del contratto a termine.
Ne consegue, sempre secondo il Ministero, che il contratto a termine stipulato per la sostituzione di lavoratrice in maternità avrà termine con il rientro della medesima in servizio, senza che il contratto in questione sia prorogabile, e senza necessità di attendere i termini di cui all’art. 5, co. 3, d. lgs. 368/01 prima di procedere ad una nuova assunzione a termine del dipendente in precedenza assunto per sostituzione di altra maternità.
L’interpretazione ministeriale, tuttavia, lascia non pochi dubbi.
Ed invero – al di là della considerazione che il parere in questione non offre delucidazioni in ordine alla sorte che subisca il contratto a termine per ragioni sostitutive di maternità che sia già stato oggetto di proroga – non si comprende su quali basi si sostenga la deroga all’ipotesi generale, posto che lo stesso art. 4, co. 1, d. lgs. 151/01 riconduce espressamente il ricorso al contrato a termine ai casi di cui alla l. 230/62, normativa che, come noto, prevedeva anch’essa un intervallo di tempo tra un contratto a termine ed il successivo (10 o 20 giorni, nel caso, rispettivamente, di contratto a termine inferiore o superiore a sei mesi).
In considerazione dei dubbi in questione, appare di certo auspicabile un intervento chiarificatore del Ministero del Lavoro nella materia in argomento – per il tramite di provvedimenti più autorevoli (ad esempio, circolari, risposte ad interpello, ecc.) rispetto a quello in esame – nelle more del quale appare prudente rispettare gli intervalli temporali legislativamente previsti per la successione dei contratti a tempo determinati, ovvero quelli più brevi che siano stati previsti in sede di contrattazione decentrata.