30 Giugno 2015
Una recente sentenza della Cassazione (n. 7776/2015) ha riportato alla ribalta l’annosa questione relativa al pagamento della tassa di iscrizione all’Albo del personale dipendente ed al soggetto che debba sostenere il relativo onere.
Da sempre nell’ambito del pubblico impiego si discute se, attesa l’esclusività del rapporto (normativamente prevista), la tassa di iscrizione all’Albo rientri tra i costi per lo svolgimento di detta attività che dovrebbero, in via normale (al di fuori dei casi in cui è permesso svolgere altre attività lavorative), gravare sull’Ente che beneficia in via esclusiva dei risultati di detta attività, ovvero se si tratti di un obbligo strettamente personale per il dipendente, essendo legato all’integrazione del requisito professionale necessario per svolgere il rapporto con l’ente pubblico.
La sentenza in commento, riprendendo quanto già stabilito in un proprio precedente (sent. n. 3928/07), con esclusivo riferimento agli avvocati dipendenti da Enti pubblici, ha stabilito che il pagamento della tassa di iscrizione alla sezione speciale del relativo Albo sia a carico dell’Ente di appartenenza.
La Corte è giunta ad una simile conclusione evidenziando come il pagamento della quota annuale di iscrizione all’Elenco speciale annesso all’Albo degli avvocati per l’esercizio della professione forense sia effettuato dal dipendente nell’interesse esclusivo del datore di lavoro e debba, pertanto, essere da quest’ultimo rimborsato non potendo essere ricondotto alle spese sostenute dal lavoratore anche nel suo interesse (quali, ad esempio, quelle sostenute per gli studi universitari e per l’acquisizione dell’abilitazione alla professione forense).
Dopo la pronuncia di tale sentenza, i sindacati – ritenendo quanto affermato dalla Cassazione pacificamente estensibile nei confronti di tutti i dipendenti tenuti all’iscrizione all’Albo – hanno iniziato ad esercitare pressioni nei confronti dei datori di lavoro (pubblici e privati) perché si giunga ad introdurre negozialmente, in capo alle strutture sanitarie, l’onere economico relativo alla tassa di iscrizione all’Albo per gli infermieri dipendenti, allo scopo di evitare contenziosi volti al riconoscimento del relativo diritto.
Una simile rivendicazione non è stata, invece, avanzata con riferimento al personale medico, al quale è tradizionalmente consentito lo svolgimento di attività libero professionale (e, dunque, in conto proprio) in regime intramurario o extramurario.
Tuttavia, l’estensione effettuata dal sindacato e da molti Ordini professionali del principio espresso dalla Suprema Corte nei confronti di tutte le categorie tenute all’iscrizione all’Albo appare tutt’altro che pacifica, attese le peculiarità che caratterizzano la posizione e la disciplina normativa degli avvocati dipendenti da Enti pubblici rispetto a quella degli infermieri dipendenti dal SSN (ed, a maggior ragione, da strutture sanitarie private).
Sebbene in entrambi i casi sia previsto il vincolo dell’esclusività, l’iscrizione all’Albo speciale abilita il dipendente pubblico a patrocinare esclusivamente cause di cui l’Ente datore di lavoro sia parte.
Di contro, l’iscrizione all’Albo da parte degli infermieri rappresenta un requisito essenziale per effettuare prestazioni riservate alla categoria, senza incorrere nel reato di esercizio abusivo della professione (ad esempio, nel caso in cui l’infermiere intenda effettuare prestazioni anche al di fuori dell’Azienda di provenienza, compatibili con il vincolo di esclusività, a titolo occasionale, gratuito o di volontariato).
Simili considerazioni circa l’inapplicabilità immediata del principio espresso dalla sentenza in commento valgono, a maggior ragione, per il settore privato, in cui il divieto di prestare attività all’esterno della struttura di appartenenza rappresenta non un vincolo normativo, ma negozialmente introdotto dalle parti con finalità diverse rispetto a quelle pubbliche ed in cui (a differenza che nel comparto) tale limitazione è facilmente superabile attraverso la concessione di un’apposita autorizzazione in favore del dipendente.
Per quanto sopra, si ritiene che le strutture sanitarie private possano, allo stato, resistere alle richieste provenienti da lavoratori e sindacati volte all’assunzione da parte del datore di lavoro dell’onere relativo alla tassa di iscrizione all’Albo, continuando a considerarla una obbligazione personale del lavoratore che deve essere regolarmente sostenuta dallo stesso ai fini della regolare prosecuzione del rapporto lavorativo, costituendone uno dei presupposti essenziali.