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Solidarietà in caso di appalto e limitazioni della contrattazione collettiva

21 Aprile 2015

Con interpello n. 9 del 17 aprile 2015, il Ministero del Lavoro, rispondendo ad un quesito formulato dall’Aris, ha fornito alcuni importanti chiarimenti in merito alla possibilità, per la contrattazione collettiva, di limitare la responsabilità solidale gravante sul committente in caso d’ appalto.

Come noto, ai sensi dell’art. 1676 c.c., “coloro che, alle dipendenze dell’appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l’opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda“.
Tale obbligo soggiace ad un evidente limite quantitativo, atteso che il committente è onerato del pagamento ai lavoratori solamente nei limiti di quanto ancora dovuto – al momento della richiesta – all’appaltatore.
In aggiunta a tale sistema di protezione, l’art. 29 del d.lgs. 276/2003 prevede un ulteriore e diverso regime di responsabilità solidale tra committente ed appaltatore per i crediti vantati dai dipendenti di quest’ultimo, il quale non contempla alcun limite quantitativo, bensì meramente temporale.
Ai sensi del citato art. 29, infatti, il committente è obbligato in solido con l’appaltatore e con gli eventuali subappaltatori a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, a condizione che i dipendenti esercitino tale diritto entro due anni dalla cessazione dell’appalto stesso.

La medesima disposizione, nondimeno, a seguito delle innovazioni introdotte, da ultimo, dal d.l. 76/2013, ammette la possibilità per i “contratti collettivi nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative del settore” di derogare (con riferimento ai soli trattamenti retributivi ed al TFR) a tale regime di responsabilità solidale, a condizione che negli stessi vengano individuati “metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti“.
Il testo sopra riportato, tuttavia, ha fatto sorgere molte perplessità in ordine alla corretta individuazione della contrattazione collettiva abilitata a prevedere una simile deroga, essendo ben possibile, sulla base del solo dato normativo, sostenere che possano acquisire una simile efficacia sia i ccnl applicati dal committente, sia quelli dell’appaltatore.
Mediante l’interpello n. 9/2015 in esame, il Ministero del Lavoro ha preferito tale ultima opzione interpretativa, rilevando che l’istituto della responsabilità solidale è una garanzia per i dipendenti dell’appaltatore e ritenendo, pertanto, che sia “conforme alla ratio della disposizione ritenere che eventuali regimi derogatori possano essere disciplinati dai contratti collettivi applicati ai lavoratori in questione“.

Alla luce di quanto sopra, la responsabilità solidale di cui all’art. 29 cit. potrà ritenersi esclusa solamente qualora vengano effettivamente seguite le procedure di controllo previste dal ccnl applicato dall’appaltatore, senza che, a tali fini, sia in alcun modo necessario (o utile) alcun intervento da parte del ccnl del committente.
Anche in tale ipotesi, tuttavia, i dipendenti potranno far valere nei confronti del committente l’azione di cui all’art. 1676 c.c., nei limiti, come detto, degli importi eventualmente ancora dovuti all’appaltatore.
Quanto al contenuto di tali procedure di controllo, inoltre, l’interpello precisa che le stesse debbano essere “adeguatamente utili a garantire l’assolvimento, da parte dell’appaltatore, degli obblighi retributivi nei confronti dei propri lavoratori, senza limitarsi a prevedere l’acquisizione delle relative autodichiarazioni rilasciate dai datori di lavori“.

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