30 Maggio 2018
Con una recente pronuncia (la n° 11585 del 14 maggio 2018) i giudici di legittimità sono stati chiamati ad affrontare nuovamente il tema relativo alla nozione ed alla configurazione del “gruppo di imprese” nonché ai requisiti necessari affinché possa ritenersi sussistente, nell’ipotesi di società facenti parte della medesima organizzazione, un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro.
In particolare la vicenda analizzata dalla Corte di Cassazione riguarda il licenziamento irrogato, per riduzione del personale, da parte di una società facente parte di un gruppo di imprese, ad un dipendente il quale – nel contestarne la legittimità chiedeva, previo accertamento della sussistenza di un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro ai fini del requisito dimensionale, la reintegra presso un’altra società del gruppo.
La Corte Territoriale, investita della questione, pur accertando l’illegittimità del licenziamento, ne imputava tuttavia le conseguenze solamente alla società che lo aveva irrogato riconoscendo al ricorrente, in assenza dei requisiti dimensionali prescritti dalle norme di legge, la sola tutela ex lege 604/1966 sul presupposto della insussistenza, rispetto alle altre imprese facenti parte dell’organizzazione, di un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro.
La Corte d’appello evidenziava che “nulla è emerso in sede istruttoria con riferimento alle altre società del gruppo” mentre “appare dirimente la circostanza che nessuno dei testi abbia confermato la tesi dell’utilizzazione contemporanea e promiscua delle prestazioni lavorative dei rispettivi dipendenti da parte delle due società”.
La Corte di Cassazione, confermando la decisione della Corte d’appello, con la pronuncia in commento, chiarisce – peraltro confermando un orientamento maggioritario – che “il collegamento economico funzionale tra imprese gestite da società del medesimo gruppo non è di per sé solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro formalmente intercorso tra un lavoratore e una di esse si debbano estendere anche alle altre a meno che tale collegamento non configuri un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro”.
Ed infatti, ad avviso dei giudici di legittimità, i presupposti in presenza dei quali può ritenersi esistente tra imprese facenti parti del medesimo gruppo un unico centro di imputazione del rapporto quale condizione per l’estensione a tutte della tutela contro i licenziamenti è necessaria la verifica della sussistenza dei seguenti requisiti:
a) unicità della struttura organizzativa e produttiva;
b) integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo e il correlativo interesse comune;
c) coordinamento tecnico e amministrativo-finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune;
d) utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori.
Ove sussistano i suddetti requisiti, le imprese del gruppo formano – nei confronti dei lavoratori – un unico datore di lavoro, con la conseguenza che, ai fini della verifica dell’applicabilità della tutela contro i licenziamenti (tutela reale, disciplina dei licenziamenti collettivi) è necessario computare tutti i lavoratori del gruppo e non solamente quelli della società interessata dall’esubero.
Di contro, nel caso in cui le società appartenenti al gruppo non presentino le caratteristiche sopra descritte, le stesse possono essere considerate distinti centri di imputazione dei rapporti di lavoro e, pertanto, ogni singola impresa è trattata alla stregua di un autonomo datore di lavoro (anche al fine della determinazione del requisito dimensionale) non potendosi – a titolo esemplificativo – trasferire unilateralmente i dipendenti presso un’altra azienda del gruppo, neanche nell’ambito del c.d. tentativo di repêchage (cfr. Cass. 7717/2003).