3 Marzo 2020
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 52/2020, è stato pubblicato il DPCM 1° marzo 2020, il quale ha lo scopo sia di riordinare le misure emanate nei giorni scorsi per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, sia di stabilirne di nuove al fine di regolare in modo unitario il fenomeno.
Il Decreto, in particolare, estende a tutto il territorio nazionale le misure, prima previste per le sole aree colpite dall’emergenza, in materia di lavoro agile e ne proroga gli effetti fino a tutto il mese di luglio 2020.
L’art. 4 del DPCM, infatti, prevede che, per tutta la durata dello stato di emergenza (e, quindi, per sei mesi decorrenti dal 31 gennaio u.s.), lo smart working può essere applicato dai datori di lavoro a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalla l. 81/2017, anche in assenza di accordo individuale con i lavoratori interessati. La disposizione, inoltre, consente di assolvere gli obblighi informativi in materia antinfortunistica con modalità telematiche, anche avvalendosi dell’apposita documentazione predisposta dall’INAIL ( già disponibile alla pagina web https://www.inail.it/cs/internet/comunicazione/avvisi-e-scadenze/avviso-coronavirus-informativa.html ).
La semplificazione voluta dal Governo non riguarda solamente aspetti burocratico-amministrativi.
Sebbene parte degli interpreti non condivida tale assunto, infatti, non sembra davvero che il tenore letterale del Decreto possa ammettere altre interpretazioni: il DPCM non si limita a derogare il requisito della forma scritta dell’accordo di smart working, ma prevede che il lavoro agile possa essere attuato anche in assenza di accordo con il dipendente e, quindi, in via unilaterale.
Ciò, d’altronde, è coerente con le disposizioni contenute nel Decreto Legge n. 6/2020, che consente all’Esecutivo di modificare anche i presupposti per il ricorso allo smart working, ivi incluso il consenso del dipendente.
Evidentemente, la mancanza di un accordo potrebbe determinare alcuni problemi applicativi, atteso che la l. 81/2017 affida all’intesa tra le parti la determinazione della durata del lavoro agile, nonché la disciplina dell’esecuzione e del controllo della prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali, con particolare riguardo agli strumenti tecnologici utilizzati e al rispetto del diritto alla disconnessione per il lavoratore.
Al riguardo, il DPCM si limita a stabilire che il lavoro agile debba essere regolato nel rispetto dei principi dettati dalla l. 81/2017 e, pertanto, deve ritenersi che, entro tali limiti, i singoli datori di lavoro possano definire autonomamente le modalità applicative dell’istituto.
Gli smart worker avranno, naturalmente, diritto al medesimo trattamento spettante agli altri lavoratori e dovranno essere loro assicurati il riposo giornaliero e le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.
Si rammenta, infine, che l’attivazione dello smart working dovrà essere comunicata telematicamente ai servizi per l’impiego, mediante il portale Cliclavoro.
Al riguardo, rimangono valide le indicazioni fornite dal Ministero del Lavoro con news del 24 febbraio 2020, secondo cui, nell’ambito della procedura telematica, “nel campo “data di sottoscrizione dell’accordo”, va inserita la data di inizio dello smart working”.
Il file relativo all’accordo, infine, potrà essere sostituito con un file PDF/A contenente una autodichiarazione del datore di lavoro nella quale sia presente un riferimento al DPCM citato e le informazioni anagrafiche (tra le quali il codice fiscale) del lavoratore coinvolto nella comunicazione.
Download Smart working ai tempi del Coronavirus