20 Dicembre 2019
Interessante, ma non condivisibile, pronuncia della Suprema Corte in materia di ritorsività del recesso quella recentemente resa dagli Ermellini (Cass. 23583/19) in un caso di licenziamento intervenuto dopo un periodo di assenza per malattia del lavoratore.
Nella fattispecie, il dipendente di un’impresa artigiana orafa – a seguito di una malattia di oltre 7 mesi – veniva licenziato per giustificato motivo oggettivo, in ragione della dichiarata chiusura del settore produttivo al quale era adibito, nell’impossibilità di assegnarlo ad altre mansioni.
Il lavoratore impugnava il recesso, rilevando l’illegittimità dello stesso per insussistenza del giustificato motivo addotto, nonché la sua ritorsività, da ricondursi alla lunga assenza per malattia.
Il giudice di prime cure dichiarava illegittimo il recesso per insussistenza del giustificato motivo addotto, ma non anche ritorsivo, non ritenendo sufficiente a tal fine la sola circostanza della contiguità temporale tra rientro in servizio e intimazione del recesso.
Ne seguiva il ricorso del lavoratore alla Corte d’Appello, che – in accoglimento del reclamo – dichiarava il licenziamento nullo in quanto ritorsivo, precisando tuttavia che la ritorsività poteva ritenersi dimostrata “per presunzioni, ma non dalla sola circostanza della contiguità temporale tra rientro in servizio e intimazione del recesso, né come mero riflesso della infondatezza del motivo oggettivo, quanto piuttosto alla stregua di una valutazione complessiva della vicenda e in applicazione delle comuni regole di esperienza”.
L’azienda ricorreva per la cassazione di tale sentenza, ma gli Ermellini rigettano il ricorso confermando le statuizioni della Corte territoriale.
I Supremi Giudici, infatti – dopo aver rilevato che la valutazione in ordine alla ritorsività del recesso deve essere effettuata solo a seguito dell’esame circa la fondatezza della ragione formalmente addotta a giustificazione del medesimo – evidenziano che l’onere della prova del carattere ritorsivo del licenziamento può essere assolto dal lavoratore “con la dimostrazione di elementi specifici tali da far ritenere con sufficiente certezza l’intento di rappresaglia, dovendo tale intento aver avuto efficacia determinativa esclusiva della volontà del datore di lavoro”.
Traducendo nel caso concreto tali principi, secondo gli Ermellini correttamente la Corte territoriale – dopo aver rilevato l’insussistenza della ragione addotta dal datore di lavoro per il licenziamento (atteso che l’istruttoria aveva evidenziato l’inesistenza del settore di adibizione del lavoratore, nonché la marginalità delle lavorazioni asseritamente soppresse, come pure l’affidamento di parte di tali mansioni ad altra lavoratrice successivamente assunta) – ha ritenuto di poter presumere la ritorsività del recesso, da desumersi dal complessivo esame della vicenda e valutando la condotta datoriale sulla base delle comuni regole di esperienza.
Ma quali sarebbero queste comuni regole di esperienza di cui fa menzione la Corte d’Appello e che la Suprema Corte richiama, in altri termini, con la locuzione id quod plerumque accidit (che si può tradurre come ciò che il più delle volte accade)?
Trattasi, in buona sostanza, della considerazione a mente della quale la malattia del lavoratore è evento sgradito al datore di lavoro, tale da determinarlo a interrompere il rapporto, anche se del caso in modo illegittimo.
Sulla base di tale (presunta) massima di esperienza, che francamente non si comprende su quali basi riposi, gli Ermellini (avallando l’operato della Corte territoriale) affermano che – ove il motivo di recesso addotto dal datore di lavoro non sia sussistente – la mera circostanza per cui il lavoratore sia licenziato al rientro da una malattia (senza che neppure rilevi la sua durata) connota di ritorsività il recesso.
In buona sostanza, il medesimo illegittimo recesso, ove posto in essere al rientro della malattia del dipendente, non è più solo illegittimo, bensì anche ritorsivo, con una disparità sanzionatoria che non sembra trovare alcuna adeguata giustificazione, certamente non rinvenibile nel richiamo a comuni regole di esperienza solo apoditticamente affermate.
Si auspica un revirement della Suprema Corte sul punto.
Download Ritorsivo il licenziamento illegittimo per GMO intervenuto dopo la malattia