9 Marzo 2011
In data 8 marzo u.s., il Ministero del Lavoro ha risposto all’interpello proposto dall’Aris lo scorso 20 aprile 2010 in ordine alla regolamentazione dell’attività intramuraria eventualmente prestata dal personale sanitario (non medico) dipendente.
Il quesito dell’Aris mirava ad ottenere l’esplicito assenso del Ministero in ordine alla possibilità per il personale non medico (non solo infermieri e tecnici di radiologia o di laboratorio, ma anche professionisti – quali, ad esempio, logopedisti e fisioterapisti – per i quali non esiste un apposito Albo professionale), dipendente di strutture sanitarie private, di svolgere attività libero professionale in regime di intramoenia in favore delle stesse.
In caso di valutazione positiva, si chiedeva poi al Ministero conferma della possibilità di:
1) non assoggettare i compensi derivanti dalle predette prestazioni agli obblighi contributivi tipici del rapporto di lavoro subordinato;
2) ritenere le prestazioni in discorso escluse dall’ambito di applicabilità delle limitazioni in materia di orario di lavoro (riposi giornalieri, settimanali, straordinario, etc.) di cui al d.lgs. n. 66/03.
I dubbi in proposito, nascevano innanzitutto dall’assenza di qualsiasi riferimento legislativo che potesse far ritenere lecita (in quanto non contraria alle norme imperative che regolano il rapporto di lavoro) una simile iniziativa; i casi in cui i lavoratori dipendenti sono stati ammessi a prestare attività libero professionale in favore dei propri datori di lavoro sono stati, infatti, tassativamente previsti dal legislatore (basti pensare alla regolamentazione dell’attività intramoenia per il personale medico, nonché alla disciplina delle prestazioni aggiuntive rese da infermieri e tecnici di radiologia medica prevista dalla previgente l. n. 1/2002).
Con nota n. 15 dell’8 marzo 2011, la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero ha confermato innanzitutto la possibilità anche per il personale non medico di svolgere attività libero professionale in regime intramurario in favore delle strutture di appartenenza.
Richiamando il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui ogni attività umana può indifferentemente formare oggetto di un rapporto di lavoro subordinato o autonomo a seconda che ricorra o meno l’assoggettamento al potere direttivo ed organizzativo del datore di lavoro, il Ministero ha specificato che ove l’attività intramoenia consista nell’erogazione dell’attività lavorativa in piena autonomia, sia per quanto riguarda i modi di svolgimento che i tempi, la stessa possa essere considerata quale attività libero professionale a tutti gli effetti e come tale possa essere espletata anche nei confronti del proprio datore di lavoro.
Partendo da tali considerazioni, il Ministero ha poi precisato che i compensi derivanti dalle predette prestazioni non devono essere assoggettati agli obblighi contributivi tipici del lavoro subordinato e che, trattandosi di attività libero professionale, non saranno neppure applicabili alle stesse le limitazioni in materia di orario di lavoro previste dalla vigente normativa in materia di lavoro dipendente.
Alla luce di quanto chiarito dal Ministero, ai fini della legittimità dell’attività prestata dai propri dipendenti in regime libero professionale sarà, pertanto, necessario che lo svolgimento della stessa sia attentamente regolamentato, così da distinguere quanto più possibile tale attività da quella istituzionale svolta dagli stessi lavoratori (evitando qualsivoglia commistione tra le due e, soprattutto, differenziando le modalità di svolgimento della prestazione che, nell’attività intramuraria, non dovranno evidenziare la sussistenza degli indici tipici della subordinazione).
Di seguito il testo integrale della risposta ad interpello: