18 Ottobre 2013
Come specificato in diverse occasioni, la riforma Fornero (l. n. 92/12) è intervenuta sulla disciplina dei contratti a tempo determinato e, in particolare, sull’aumento degli intervalli temporali che devono intercorrere tra un contratto a termine ed il successivo, al fine di evitare la conversione del rapporto a tempo indeterminato del secondo contratto.
La riforma, infatti, aveva modificato l’art. 5 d.lgs. n. 368/01 prevedendo che per i contratti di durata inferiore a sei mesi l’intervallo doveva essere di 60 giorni, mentre per quelli superiori a sei mesi doveva essere di novanta giorni, a fronte, rispettivamente, dei dieci e dei venti giorni, precedentemente previsti.
Successivamente, a seguito dell’intervento dell’art. 46-bis, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, è stata, però, introdotta la possibilità di stipulare accordi collettivi (di qualsiasi livello) per ridurre i predetti termini a venti o a trenta giorni.
Pertanto, alcuni datori di lavoro (ivi comprese alcune strutture assistite direttamente dallo scrivente) avevano provveduto a stipulare accordi sindacali, anche a livello aziendale, per la riduzione degli intervalli, nei limiti consentiti dalla legge.
Da ultimo, è intervenuto l’art. 7, comma 1, lettera c) D.L. n. 76/2013 che, a parziale modifica dell’art. 5 d.lgs. n. 368/01, ha ridotto gli intervalli temporali tra un contratto a termine e l’altro “riportandoli” a dieci e venti giorni.
Pertanto, presso il Ministero del Lavoro sono pervenuti una serie di quesiti in ordine alla validità degli accordi stipulati medio tempore dalla contrattazione collettiva, ovverosia se tali accordi potessero conservare ancora la loro efficacia o se fossero stati superati dal nuovo intervento normativo.
Il Ministero è dunque intervenuto con nota del 4 ottobre 2013 precisando che gli accordi collettivi, dovendo essere contestualizzati nel quadro normativo previgente, sono stati stipulati con l’intento di “flessibilizzare” la normativa sugli intervalli e, pertanto, devono ritenersi superati dall’attuale intervento normativo.
In altri termini, se una struttura ha stipulato (prima dell’entrata in vigore dell’art. 7, D.L. n. 76/13) un accordo con cui si riducono a venti e trenta giorni gli intervalli tra un contratto a termine all’altro, attualmente non dovrà ritenersi vincolata a detti termini, potendo applicare quelli previsti dalla normativa vigente, ossia potrà far intercorrere tra un contratto e l’altro il termine di dieci o venti giorni (a seconda, ovviamente, della durata infra o ultra semestrale del primo contratto).
Diversamente, precisa il Ministero, a decorrere dalla data di entrata in vigore dell’art. 7, comma 1, D.L. n. 76/13 potranno essere stipulati accordi collettivi dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale per prevedere, in determinate ipotesi ivi individuate, una riduzione o addirittura un azzeramento dei predetti intervalli di dieci o venti giorni.