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Reversecharge: chiarimenti a tutto campo

31 Gennaio 2023

Superata la soglia di legge, gli obblighi di reverse charge si applicano a tutti i contratti di appalto di servizi endoaziendali eseguiti con l’utilizzo di beni strumentali del committente, anche in caso di comodato o di locazione. 

Questi alcuni dei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con l’interpello n. 144 del 23 gennaio 2023, a seguito di vari quesiti di un’azienda di logistica.

Il reverse charge, introdotto dall’art. 4 del d.l. 124/2019 ed in vigore dal 1° gennaio 2020, impone specifici oneri ai sostituti d’imposta, residenti in Italia, che affidano il compimento di una o più opere o di uno o più servizi (di importi annui superiori a 200.000 euro) a un’impresa, tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati, con alcuni parametri fissi.

Ovvero: prevalente utilizzo di manodopera; prestazione svolta presso le sedi di attività del committente, utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente o ad esso riconducibili in qualunque forma.

Se tutte queste condizioni sono presenti, il committente ha un preciso obbligo di verificare il corretto pagamento delle ritenute fiscali sui redditi da lavoro dipendente o assimilato da parte del fornitore di servizi, entro cinque giorni dalla relativa scadenza, acquisendo il DURF, e cioè il documento unico di regolarità fiscale, oppure richiedendo copia delle relative deleghe nonché degli ulteriori dati necessari per il controllo.

In caso di inottemperanza, il committente deve sospendere il pagamento dei corrispettivi sino a concorrenza del 20% del valore complessivo dell’opera o del servizio ovvero per un importo pari all’ammontare delle ritenute non versate rispetto ai dati risultanti dalla documentazione trasmessa, dandone comunicazione entro novanta giorni all’Agenzia delle Entrate. 

In caso contrario scatta il pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata all’impresa appaltatrice o subappaltatrice per la violazione degli obblighi di corretta determinazione delle ritenute e di corretta esecuzione delle stesse, nonché di tempestivo versamento.

In questo modo vengono forniti chiarimenti sul campo d’applicazione della norma, sia ribadendo che, in caso di affidamento ad uno stesso fornitore di più contratti, il limite di 200.000 euro annui deve essere calcolato come sommatoria, sia precisando che la verifica del prevalente utilizzo di manodopera deve essere svolta solo in caso di contratti di opere o di contratti misti. Per “misti” si intendono contratti per l’esecuzione sia di opere sia di servizi. Se si affida a terzi il solo compimento di servizi, invece, non è richiesta alcuna verifica, in quanto in tale ipotesi, secondo l’Agenzia, “l’utilizzo della manodopera è esclusivo o quasi”.

Per far scattare il reverse charge è inoltre necessario che la prestazione sia svolta presso le sedi di attività del committente e con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente o ad esso riconducibili in qualunque forma. È su questi aspetti che si appuntano i principali chiarimenti dell’AdE. 

Alla luce dell’interpello, infatti, i beni strumentali sono riconducibili al committente anche quando siano da questi concessi in comodato all’appaltatore. L’Agenzia giunge a tale conclusione sulla base della stessa definizione normativa del contratto di comodato, il quale, ai sensi dell’art. 1803 del Codice Civile, è “il contratto col quale una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta”.

Per evitare l’applicazione del reverse charge, pertanto, non è sufficiente che i beni siano concessi in uso all’appaltatore mediante specifico contratto.

Lo stesso vale anche per le sedi di attività, intendendosi per tali non solo la sede legale, le sedi operative, gli uffici di rappresentanza, i terreni in cui il committente svolge l’attività agricola, i cantieri, le piattaforme, ma anche, secondo quanto chiarito dalla precedente circolare n. 1/2020, “ogni altro luogo comunque riconducibile al committente destinati allo svolgimento dell’attività d’impresa, agricola o professionale”.

In considerazione dell’ampia delucidazione fornita dall’Agenzia delle Entrate, la condizione prevista dalla norma si realizza anche quando il committente conceda in locazione i locali presso cui l’attività deve essere svolta, senza che l’esistenza di tale (valido) contratto possa interrompere il nesso di riconducibilità tra la sede ed il committente.

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