Con la recente risposta ad interpello n. 48 del 28 dicembre 2011, il Ministero del Lavoro è intervenuto, fornendo alcune precisazioni in ordine alle ragioni che possono motivare il ricorso alla cassa integrazione in deroga, da parte dei datori di lavoro privati che, come le strutture sanitarie, non rientrano nel campo d’applicazione della cassa integrazione guadagni straordinaria.
Come noto, tale trattamento di sostegno al reddito, assieme alla c.d. indennità di mobilità in deroga, è stato istituito per la prima volta dall’art. 52 della l. 448/2001 (Finanziaria per il 2002), e consisteva nella possibilità, in deroga alla normativa vigente, di prorogare i trattamenti di cassa integrazione guadagni (ordinaria o straordinaria) e di mobilità già precedentemente concessi, al fine di completare l’integrazione o di permettere il reimpiego dei lavoratori sospesi dal servizio.
Nel tempo, poi – mediante le disposizioni contenute nelle singole leggi finanziarie – la possibilità di ricorrere agli ammortizzatori sociali in questione è stata notevolmente ampliata.
Allo stato, infatti, l’art. 33 della legge n. 183/2011 dispone che – in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali – per il 2012 il Ministro dell’economia e delle finanze possa concedere “sulla base di specifici accordi governativi e per periodi non superiori a dodici mesi, in deroga alla normativa vigente, la concessione, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di cassa integrazione guadagni, di mobilità e di disoccupazione speciale, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree regionali”.
Alla luce della suddetta normativa – reiterata, in realtà, negli ultimi anni senza sostanziali modifiche – i trattamenti di integrazione salariale in deroga non costituiscono più proroghe agli ammortizzatori sociali ordinari, ma possono essere concessi anche in prima istanza, senza che rilevino in alcun modo i requisiti previsti per la cassa integrazione guadagni straordinaria.
Di conseguenza, è stata correttamente affermata la possibilità di ricorrere agli ammortizzatori sociali in questione da parte di tutti i lavoratori appartenenti a quelle realtà produttive che – come le strutture sanitarie – per ragioni legate al settore di attività, non rientrano nel campo d’applicazione degli altri ammortizzatori sociali.
Di tale avviso, infatti, si è mostrato anche il Ministero del Lavoro, il quale – da ultimo con l’interpello sopra citato – ha confermato che “i trattamenti in esame, mediante i quali il Legislatore ha voluto ampliare la platea dei destinatari aventi diritto agli ammortizzatori sociali, vengono erogati, nei limiti delle risorse finanziarie stanziate annualmente, nei confronti di categorie di lavoratori subordinati normalmente esclusi dal campo di applicazione delle misure di sostegno del reddito, a causa della tipologia di contratto di cui sono titolari, dell’appartenenza settoriale dell’azienda di cui sono dipendenti o della dimensione aziendale”.
Unicamente, è previsto che il lavoratore che intenda usufruire dei benefici in questione debba: a) rendersi disponibile a percorsi di formazione o a nuove proposte di lavoro eventualmente offerte dai competenti centri per l’impiego; b) disporre, per la cassa integrazione, di un’anzianità aziendale pari almeno a 90 giorni e, per l’indennità di mobilità, di un’anzianità aziendale di almeno 12 mesi, di cui 6 mesi effettivamente lavorati, comprese ferie, festività e infortunio.
Nulla, invece, viene disposto con riferimento alle ragioni che possono motivare il ricorso agli ammortizzatori sociali in deroga; ciò, evidentemente, rileva particolarmente per la cassa integrazione, la quale – di norma – è finalizzata, nell’attuale sistema degli ammortizzatori sociali, a risolvere crisi occupazionali temporanee o, comunque, motivate da ristrutturazioni, riorganizzazioni, riconversioni aziendali.
A tal proposito, il Ministero del Lavoro ha precisato che legge n. 220/2010 (Legge di Stabilità 2011), come, peraltro la legge n. 183/2011 (Legge di Stabilità 2012) attualmente in vigore, “non contempla alcuna specifica causale di intervento per l’erogazione di tali strumenti di sostegno, limitandosi a richiedere la stipulazione di accordi governativi”.
Muovendo da tale presupposto, il Ministero si è espresso nel senso di ritenere possibile il ricorso agli ammortizzatori sociali in deroga, anche in assenza dei presupposti sanciti normalmente dal legislatore, “ferma restando la sussistenza dei requisiti previsti dalle norme in materia di ammortizzatori sociali in deroga”.
Alcune precisazioni a tal proposito, pertanto, possono essere ricavate unicamente dalle disposizioni emanate con riferimento esclusivo a tali ammortizzatori sociali e, in particolare, dall’Intesa Stato-Regioni del 20 aprile 2011 (espressamente richiamata dall’art. 33 l. 183/2011), la quale prevede tre distinte situazioni:
a) ricorso alla cassa integrazione in deroga ove sussistano ragionevoli previsioni del rientro in azienda dei lavoratori sospesi: tale fattispecie, secondo la predetta intesa, deve essere privilegiata rispetto alle altre;
b) ricorso alla cassa integrazione in deroga in presenza di esuberi strutturali: in tal caso il datore di lavoro deve predisporre un piano di gestione delle eccedenze, nel quale siano rappresentate le azioni che l’azienda ha intrapreso o intende intraprendere per ridurre i lavoratori da collocare in mobilità;
c) ricorso alla cassa integrazione in deroga da parte di imprese cessate o sottoposte a procedure concorsuali: in tali evenienze, la cassa integrazione può essere concessa solamente se ritenuta indispensabile; anche in tal caso, inoltre, ove possibile, dovrà essere previsto un piano di gestione delle eccedenze.
Sulla base di tali disposizioni, deve ritenersi possibile ricorrere alla cassa integrazione in deroga anche nei casi di eccedenze di personale oramai conclamate, purché ciò avvenga sulla base di piani di gestione degli esuberi ritenuti validi dai competenti organi ministeriali o regionali, i quali, a titolo esemplificativo, prevedano processi di ricollocazione, anche verso altre imprese del territorio, eventuali processi di riqualificazione delle competenze, nonché la creazione di eventi e processi (anche outplacement) finalizzati all’incontro fra domanda locale e professionalità disponibili.