24 Marzo 2014
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 66 del 20 marzo 2014 è stato pubblicato il decreto legge n.34 del 20 marzo 2014 (c.d. Jobs act) recante “Disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell’occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese”.
L’art. 6 del decreto prevede espressamente che lo stesso “entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge”.
Dal 21 marzo 2014, pertanto, sono immediatamente operative le nuove norme, di cui riportiamo i punti più salienti con riguardo al contratto a termine ed a quello di apprendistato.
Contratto a termine.
Il decreto apporta alcune modifiche al d.lgs. n.368/2001, eliminando la previsione contenuta al comma 1 dell’art.1, in virtù della quale l’apposizione del termine era consentita “a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all’ordinaria attività del datore di lavoro”.
Tale previsione viene sostituita da una nuova in virtù della quale è prevista la mera possibilità di porre un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato di durata non superiore a 36 mesi, comprensiva di eventuali proroghe, per lo svolgimento di qualsiasi tipo di mansione sia nella forma del contratto a tempo determinato, sia nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato, fissando il limite del 20% dell’organico complessivo del datore di lavoro, tranne che per le aziende che occupino fino a cinque dipendenti, per le quali è sempre possibile la stipulazione di un contratto a termine.
Il decreto elimina, inoltre, il comma 1-bis che disciplinava la possibilità di stipulare un contratto senza motivazione nell’ipotesi di primo rapporto a tempo determinato.
Tali modifiche appaiono di notevole impatto, posto che a seguito dell’entrata in vigore delle stesse e dell’eliminazione del requisito delle motivazioni necessarie per la relativa stipula, il contratto a termine diviene sempre acausale, venendo meno – pertanto – quello che ha sempre costituito (fatta salva la recente modifica introdotta dalla Riforma Fornero sul primo contratto acausale) il presupposto essenziale per il valido ricorso a tale tipologia contrattuale.
La necessità della sussistenza delle motivazioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo è stata eliminata anche con riferimento al contratto di somministrazione a tempo determinato, che potrà essere anch’esso stipulato senza più dovere indicare le ragioni giustificatrici.
Un’ulteriore importante modifica riguarda, poi, l’articolo 4 del d.lgs. 368/2001, nel contesto del quale il decreto legge, eliminando la previsione per cui la proroga era ammessa una sola volta, prevede invece che “le proroghe sono ammesse, fino ad un massimo di otto volte, a condizione che si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato stipulato a tempo determinato”, fino al limite massimo di 36 mesi.
Nessuna modifica introduce, invece, il decreto in merito alla successione dei contratti a termine, ragion per cui occorre comunque rispettare i giorni “liberi” che, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n.368/2001, devono intercorrere tra un contratto a tempo determinato ed il successivo, pari a 10 e 20 giorni (a seconda che il primo contratto abbia una durata fino a sei mesi, ovvero superiore).
Sul punto, peraltro, preme rammentare come – alla luce dei recenti chiarimenti forniti sul punto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con nota del 4 ottobre 2013 prot. 31 – a decorrere dall’entrata in vigore del d. l. n. 76/2013 (28 giugno 2013) e ai sensi dell’art. 1, comma 9, lett. h), della c.d. legge Fornero sia prevista la possibilità di stipulare tra le parti accordi aziendali di riduzione dei suddetti termini, i quali, “ … potranno validamente prevedere una riduzione o addirittura un azzeramento dei predetti intervalli di 10 e 20 giorni nelle ipotesi definite dalla disciplina pattizia … ”.
Contratto di apprendistato.
Ulteriori innovazioni sono state introdotte dal “jobs act” relativamente al contratto di apprendistato, rispetto al quale il decreto – modificando l’art. 2 del d.lgs. n.167/2011 – ha abrogato la necessità della forma scritta per il piano formativo individuale, con la conseguenza che la forma scritta viene richiesta unicamente per la validità del contratto e del patto di prova.
Sono stati poi eliminati, dal contesto del citato articolo 2, i comma 3-bis e 3 ter, relativi alla c.d. “stabilizzazione” dei lavoratori, in virtù dei quali l’assunzione di nuovi apprendisti era subordinata alla conferma in servizio di almeno il 50% degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro, nei 36 mesi precedenti la nuova assunzione.
Con riguardo all’apprendistato professionalizzante (anche definito “contratto di mestiere”), inoltre, viene eliminato l’obbligo di integrare la formazione con l’offerta formativa pubblica che diviene soltanto facoltativa, ferma restando quella svolta sotto la responsabilità dell’azienda.
Infine, con riguardo al contratto di apprendistato per la qualifica ed il diploma professionale riservato ai giovani di età compresa tra i 15 e i 25 anni che devono completare un percorso scolastico, il decreto legge ha inserito una nuova disposizione (il comma 2-ter dell’articolo 3) in virtù della quale – ferma restando l’autonomia della contrattazione collettiva – “al lavoratore è riconosciuta una retribuzione che tenga conto delle ore di lavoro effettivamente prestate nonché delle ore di formazione nella misura del 35% del relativo monte ore complessivo”.
Queste, dunque, le innovazioni di maggiore rilevo che il “jobs act” ha introdotto in materia di lavoro e che sono attualmente in vigore; il provvedimento in esame ha poi rinviato ad un successivo decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, la determinazione dei criteri per l’individuazione dei datori di lavoro che – stipulando i contratti di solidarietà – potranno beneficiare di riduzioni contributive.
Un ulteriore intervento concerne, infine, la semplificazione del c.d. “DURC”, ovvero il documento di regolarità contributiva, che viene per così dire “smaterializzato”, nel senso che chiunque vi abbia interesse potrà verificare con modalita’ esclusivamente telematiche ed in tempo reale la regolarita’ contributiva nei confronti dell’INPS, dell’INAIL. L’esito della predetta interrogazione, recita l’art. 4 del decreto n.34/2014, “ha validita’ di 120 giorni dalla data di acquisizione e sostituisce ad ogni effetto il Documento Unico di Regolarita’ Contributiva”.