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Prime pronunce dei Collegi medici della ASL sull’inidoneità dei lavoratori che rifiutano la vaccinazione anti-Covid

2 Marzo 2021

A due mesi dall’inizio della campagna vaccinale anti Covid-19 iniziano a giungere le prime pronunce dei Collegi medici della ASL – quale organo di vigilanza territorialmente competente ai sensi dell’art. 41, co. 9, d. lgs. 81/08 – chiamati a decidere sui giudizi emessi dal Medico Competente in sede di sorveglianza sanitaria in caso di mancata vaccinazione da parte dei dipendenti.

Ed invero, come già anticipato con la news del 25 gennaio scorso, stante la centralità della posizione che assume il Medico Competente in tale materia, non può che essere lui il soggetto demandato a valutare, almeno in prima battuta, le conseguenze della libera scelta dei dipendenti di sottoporsi alla vaccinazione.

È lui, pertanto – con valutazione alla quale non può sostituirsi o sovrapporsi quella del datore di lavoro, chiamato viceversa al rispetto dei giudizi dal medesimo resi ed alla loro applicazione concreta – colui al quale è demandata la verifica circa l’incidenza della scelta operata sul punto dai lavoratori.

Ove tale verifica – da effettuarsi in ragione delle circostanze del caso concreto (per gli operatori sanitari, peraltro, sostanzialmente comuni alle diverse realtà) – si concluda nel senso dell’inidoneità alla mansione del lavoratore che non ha inteso vaccinarsi, il Medico Competente emetterà un giudizio di temporanea inidoneità alla mansione.

In questo caso, il datore di lavoro dovrà farsi carico di ricercare un’ulteriore posizione lavorativa, ove utilmente collocare il dipendente giudicato inidoneo, residuando – in caso di esito negativo di tale ricerca, da compiersi anch’essa con l’ausilio del Medico Competente – l’obbligo di sospendere dal servizio il lavoratore, così allontanandolo dal relativo rischio.

Quest’ultimo, a sua volta, nel caso in cui dissenta dal giudizio, può ricorrere alla ASL competente, che si pronuncerà sul giudizio del medico aziendale.

Ebbene, in un recentissimo caso, relativo ad una RSA romana, il Collegio medico della ASL – adìto su ricorso di un infermiere, dichiarato temporaneamente inidoneo dal Medico Competente a seguito del rifiuto di vaccinarsi – dopo aver acquisito la cartella sanitaria del dipendente, come pure il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) redatto dall’Azienda, nonché una relazione in ordine alle mansioni espletate, ha confermato il giudizio di inidoneità dell’infermiere “fino ad eseguita vaccinazione anticovid-19”.

Il dipendente, pertanto – in relazione al quale non era stato possibile reperire altra idonea collocazione in azienda – resterà sospeso dal servizio, peraltro senza percepire alcuna retribuzione.

Ed invero, tale ulteriore conseguenza – pure ormai quasi pacifica, stante l’inesistenza della prestazione lavorativa e, quindi, dell’obbligo datoriale di fornire la controprestazione retributiva – appare nel caso di specie quasi ovvia, atteso che la sospensione deriva da una scelta (sia pur legittima) del lavoratore, in quanto tale certamente a lui imputabile.

Non resterà ora che attendere per vedere se tale pronuncia costituirà l’inizio di un orientamento costante o se, viceversa, verrà disattesa da altri Collegi.

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