18 Marzo 2022
Con Circolare del 7 marzo 2022, n. 36, l’Istituto Nazionale Previdenza Sociale ha fornito precise indicazioni in merito alla possibilità di utilizzo, da parte delle persone unite civilmente o dai conviventi di fatto, sia dei tre giorni di permesso c.d. “104”, sia del congedo straordinario previsto in favore dei soggetti con disabilità di cui all’art. 42, c. 5 del D.lgs. 151/2000.
I chiarimenti forniti dall’INPS con la circolare in esame erano attesi da tempo, perlomeno da quando la Corte costituzionale, con la sentenza n. 213 del luglio 2016, aveva già dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire dei permessi.
Nel medesimo anno era intervenuta anche la legge n. 76 sulle unioni civili e le convivenze di fatto, la quale ha stabilito che “le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”.
Tuttavia, l’assenza di un espresso richiamo da parte della succitata legge 76/2016 all’art. 78 del codice civile che individua il rapporto di affinità tra il coniuge e i parenti dell’altro, aveva portato l’Inps ad affermare, con la Circolare n. 38/2017, che tra una parte dell’unione civile e i parenti dell’altra parte non sussistesse alcun rapporto di affinità.
La conseguenza fu che, a differenza di quanto avviene per i coniugi, era stato previsto che la parte di un’unione civile potesse usufruire dei permessi di cui alla legge n. 104/1992 unicamente nel caso in cui prestasse assistenza all’altra parte dell’unione e non anche nel caso in cui l’assistenza fosse rivolta ad un parente dell’unito, non essendo appunto riconoscibile in questo caso alcun rapporto di affinità.
Sin dalla sua origine, una simile impostazione era stata però ritenuta potenzialmente discriminatoria, tanto da indurre lo stesso Ministero del Lavoro ad evidenziare la necessità di provvedere ad una sua modifica.
L’orientamento in questione, seppure attuativo di una norma nazionale, appariva infatti in contrasto con il consolidato orientamento giurisprudenziale dell’Unione europea che “vieta la discriminazione basata sull’orientamento sessuale, in particolare per quanto concerne l’occupazione, le condizioni di lavoro e la retribuzione” (Direttiva 2000/78/CE attuata in Italia con il D.lgs. 9 luglio 2003, n. 216).
Con la circolare n. 36 del 7 marzo u.s. l’INPS adegua il proprio orientamento sulla questione all’evoluzione normativa e giurisprudenziale intervenuta nel tempo in ordine all’estensione dei diritti e delle tutele anche in favore delle unioni civili e delle convivenze di fatto.
In buona sostanza, per effetto di quanto previsto dalla Circolare in parola, il diritto ai permessi di tre giorni “104” (come pure del congedo straordinario) viene quindi riconosciuto all’unito civilmente non solo in caso di assistenza diretta al partner, ma anche nel caso in cui rivolga l’assistenza ad un parente di quest’ultimo.
Allo stesso modo i parenti dell’unito civilmente avranno diritto ad assistere l’altra parte dell’unione, fermo restando il rispetto del grado di affinità normativamente previsto.
In ultimo, l’Inps chiarisce che il rapporto di affinità esteso nell’ambito delle unioni civili non può, invece, essere riconosciuto tra il convivente di fatto e i parenti dell’altro convivente.
Per l’Inps, difatti, la convivenza di fatto non rappresenta un istituto giuridico equiparabile all’unione civile, ma solo “una situazione di fatto tra due persone che decidono di formalizzare il loro legame affettivo stabile di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale”.
Di conseguenza, differentemente da quanto previsto per coniugi e per le persone dello stesso sesso unite civilmente, il convivente di fatto potrà usufruire dei permessi “104” o del congedo straordinario unicamente nel caso in cui presti assistenza al convivente e non anche nel caso in cui intenda rivolgere l’assistenza in favore di un parente di quest’ultimo.