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Orario di lavoro dei medici specializzandi: l’intervento del Ministero della Salute

6 Giugno 2016

Su impulso dell’ANAAO (l’Associazione dei medici dirigenti del Servizio Sanitario Nazionale), il Ministero della Salute è intervenuto a chiarire la portata dell’applicazione dei precetti comunitari in materia di orario di lavoro nei confronti di medici in formazione specialistica.

Il d.lgs. n. 368/99, che disciplina il rapporto dei medici specializzandi, si limita, infatti, a prevedere per gli stessi un impegno orario «pari a quello previsto per il personale medico del SSN a tempo pieno» (38 ore settimanali), senza ulteriori specificazioni in ordine ad eventuali limiti applicabili a tale tipologia di rapporto.
A livello comunitario, l’orario di lavoro dei medici specializzandi ha, invece, trovato compiuta disciplina grazie alla direttiva 2000/34/CE che ha esteso anche a tale categoria (inizialmente esclusa) la normativa europea sull’orario di lavoro.
Le previsioni di cui alla citata direttiva sono state recepite in Italia con il d.lgs. n. 66/03 il quale, tuttavia, non ha previsto alcuno specifico riferimento ai limiti eventualmente applicabili all’orario di lavoro dei medici in formazione specialistica.

Tuttavia, anche prima dell’intervento del Ministero, si riteneva tendenzialmente applicabile anche a tali medici la vigente disciplina in materia di orario di lavoro, considerando il loro contratto riconducibile, latu sensu, al più ampio alveo dei contratti di lavoro subordinato (che costituisce, come noto, il campo di applicazione del citato d.lgs. n. 66/03).
Sebbene, infatti, l’art. 37, comma 1, del citato d.lgs. n. 368 del 1999, qualifichi il contratto degli specializzandi come “contratto annuale di formazione specialistica” (secondo la modifica operata dal d.lgs. n. 266 del 2005, mentre in precedenza, la formula giuridica utilizzata dal legislatore era “contratto annuale di formazione lavoro”), la natura subordinata del rapporto di lavoro dei medici specializzandi (o, comunque, la stretta analogia con tale tipologia contrattuale) sarebbe rinvenibile nella presenza, anche in tali rapporti, di alcuni indici tipici della subordinazione contenuti nel d.lgs. n. 368/99, quali: il riconoscimento agli specializzandi di una “retribuzione” (art. 37), la soggezione dello specializzando alle “direttive impartite dal tutore” (art. 38 comma 3), la circostanza che “i tempi e le modalità di svolgimento dei compiti assistenziali nonché la tipologia degli interventi” siano stabiliti dal Consiglio della scuola e dalla direzione sanitaria (art. 38, co. 4), la disciplina prevista dal legislatore per le ipotesi di maternità e per le assenze.

Da quanto sopra, si faceva quindi discendere l’applicabilità anche nei confronti degli specializzandi dei limiti all’orario di lavoro previsti dalle vigenti disposizioni di legge per la generalità dei lavoratori subordinati, con esclusione nei loro confronti della deroga di cui all’art. 17, co. 6 bis, del d.lgs. n. 66/03 (abrogata, peraltro, dallo scorso prossimo 25 novembre 2015 per effetto della legge n. 161/14), che sanciva l’inapplicabilità della disciplina del riposo giornaliero nei confronti del personale del ruolo sanitario del SSN.
Ai sensi del citato co. 6 bis, infatti, «Le disposizioni di cui all’articolo 7 (relative, appunto, al riposo giornaliero, ndr) non si applicano al personale del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale», mentre il d.lgs. 368/99 prevede espressamente che «il contratto (di formazione specialistica, ndr) non dà in alcun modo diritto all’accesso ai ruoli del Servizio sanitario nazionale e dell’università».

Tale impostazione è stata confermata, seppur con un percorso argomentativo diverso, anche dal Ministero della Salute (nota dell’11 marzo 2016), il quale – ripercorrendo la disciplina comunitaria applicabile ai medici in questione – ha evidenziato come, in realtà, il co. 2 dell’art. 17 del d.lgs. n. 66/03, rimandasse ad un apposito decreto ministeriale per l’individuazione di eventuali deroghe all’orario di lavoro (tra gli altri) anche dei medici in formazione specialistica (lett. c, n. 1).
Poiché “l’ordinamento italiano, relativamente ai medici in formazione non ha adottato disposizioni finalizzate ad introdurre deroghe alle prescrizioni in materia di articolazione dell’orario di lavoro contenute nella direttiva europea”, il Dicastero ha concluso per l’integrale applicabilità nei confronti degli specializzandi delle disposizioni in materia di orario di lavoro contenute nel d.lgs. n. 66/03.

Una simile impostazione appare, da un lato, idonea a determinare un notevole irrigidimento nell’utilizzo delle prestazioni dei medici in formazione specialistica, soprattutto ove si consideri l’impossibilità di introdurre maggiori margini di flessibilità rispetto alle disposizioni di legge, non essendo il rapporto di tali medici regolato dalla contrattazione collettiva.
Dall’altro rischia, invece, di rimanere una mera enunciazione di principio, ove si consideri che, a differenza della generalità dei lavoratori, gli specializzandi non potrebbero agire per ottenere il riconoscimento della retribuzione (e delle eventuali maggiorazioni) per le eventuali ore di lavoro svolte in eccedenza rispetto a quanto previsto dalla legge, attesa l’omnicomprensività della retribuzione agli stessi riconosciuta, a norma dell’art. 39 del d.lgs. 368/99.
Rimane, tuttavia, la possibilità che i medici in argomento agiscano giudizialmente per ottenere il risarcimento del danno alla salute eventualmente agli stessi derivante dal mancato rispetto delle disposizioni in materia di orario di lavoro o, in generale, per la mancata ottemperanza alle prescrizioni comunitarie, nonché il rischio – per le strutture che siano sedi di Scuole di specializzazione – di eventuali errori riconducibili ad eccessiva stanchezza dei medici, le cui conseguenze sarebbero, con ogni evidenza, imputate all’Azienda o ente ospitante.

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