13 Ottobre 2017
L’Agenzia delle Entrate (Direzione Regionale per la Lombardia), con il recente Interpello n. 904-791/2017 del 28 luglio u.s. (reso noto solo nei giorni scorsi, al fine di intervenire su un caso pratico) ha, seppur incidentalmente, fornito importanti chiarimenti sul concreto campo d’applicazione della cd. detassazione dei premi di risultato e delle misure di welfare.
Come noto, infatti, ai sensi della l. 208/2015, la cd. retribuzione incentivante – qualora prevista da accordi sindacali decentrati e sempreché ricorrano le altre condizioni di legge – può essere assoggettata ad una tassazione agevolata (cd. detassazione), con applicazione di una aliquota sostitutiva del 10%.
La citata legge, inoltre, prevede la totale esclusione dalla base imponibile dei lavoratori delle cd. misure di welfare aziendale. intendendosi per tali – come già precisato in precedenti news – le prestazioni, opere, servizi corrisposti a tutto il personale (o a specifiche categorie di lavoratori) in natura o sotto forma di rimborso spese aventi finalità che è possibile definire, sinteticamente, di rilevanza sociale.
La citata Legge di Stabilità per il 2016, inoltre, stabilisce che gli accordi sindacali decentrati, nel disciplinare i premi di risultato (monetari), possano anche concedere ai lavoratori la facoltà di convertire gli stessi in misure di welfare aziendale, potendo in tal caso beneficiare della totale esenzione fiscale dei benefit riconosciuti dai datori di lavoro.
Al riguardo, tuttavia, l’Agenzia delle Entrate, con circ. 28/2016, ha chiarito che qualora sia prevista tale facoltà, l’eventuale esclusione delle misure di welfare dalla base imponibile dei dipendenti è condizionata ai medesimi requisiti e limiti previsti per la detassazione, e cioè, in particolare:
– il lavoratore, nell’anno di imposta precedente, non deve aver percepito un reddito da lavoro dipendente superiore ad 80.000 euro;
– il valore dei benefit non deve eccedere l’importo massimo di 3.000 euro (4.000, in caso di coinvolgimento paritetico del personale nell’organizzazione del personale);
– deve risultare raggiunto almeno uno degli obiettivi quantitativi cui è finalizzato il premio.
La medesima circolare, tuttavia, ha ulteriormente precisato che tali significativi limiti/requisiti non sono applicabili quando i premi di incentivazione nascano sotto forma di benefit, senza possibilità di conversione monetaria.
In tale ipotesi, infatti, secondo l’Amministrazione Finanziaria, l’obbligazione del datore di lavoro ha sin dal suo nascere quale oggetto esclusivo l’erogazione di beni o servizio e può essere adempiuta solo con tale modalità, cosicché “i beni e servizi attribuiti ai lavoratori, anche a titolo premiale, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente (…), sempreché l’erogazione in natura non si traduca in un aggiramento degli ordinari criteri di determinazione del reddito di lavoro dipendente in violazione dei principi di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione”.
In buona sostanza, pertanto, il datore di lavoro, nello strutturare i premi aziendali, può optare per due soluzioni:
1) introdurre (mediante accordo sindacale) un premio monetario eventualmente convertibile dai lavoratori in misure di welfare, così tuttavia assoggettando tali benefit alle stesse (rigide) regole della detassazione;
2) definire (mediante accordo o tramite atti unilaterali) premi erogabili solo attraverso misure di welfare, le quali, in tale ipotesi, sono totalmente ed integralmente esenti da imposizione.
La citata circ. 28/2016, tuttavia, non descrive in alcun modo le caratteristiche dei premi di risultato erogabili solo “in natura”, cosicché autorevole dottrina ha ritenuto che gli stessi possano essere finalizzati solo al raggiungimento di obiettivi aziendali (utile, costi complessivi della struttura o di settori della stessa, etc.), e non individuali (presenze in servizio, risultati individuali, etc.).
Ciò posto, la Direzione lombarda dell’Agenzia delle Entrate, con l’interpello in esame, seppur incidentalmente, è intervenuta proprio su tale argomento, confermando la possibilità di considerare completamente esenti da imposte eventuali piani di welfare la cui erogazione – seppur astrattamente spettante a tutto il personale (o a categorie di lavoratori) – sia subordinata “al raggiungimento di determinati obiettivi di performance aziendale ed individuale”.
Alla luce di quanto sopra, è oggi possibile affermare con maggiore certezza la non imponibilità delle misure di welfare, anche qualora le stesse siano finalizzate (ed erogate) al raggiungimento di determinati obiettivi o risultati (anche) individuali.