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Nuova normativa in materia di aspettative, congedi e permessi

7 Ottobre 2011

Lo scorso 11 agosto è entrato in vigore il decreto legislativo n. 119 del 18 luglio 2011  recante modifiche in materia di congedi, aspettative e permessi, emesso a seguito della delega al Governo contenuta nel Collegato Lavoro (cfr art.23 della legge n.183/2010) per l’adozione di decreti legislativi che riordinassero la normativa vigente in materia.

La prima modifica riguarda l’ipotesi dell’interruzione spontanea o terapeutica di gravidanza successiva al 180° giorno, nonché quella del decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, con riguardo alle quali il decreto stabilisce la facoltà (non già l’obbligo) delle lavoratrici di riprendere in qualunque momento l’attività lavorativa, previo preavviso di 10 giorni al datore di lavoro, <<a condizione che il medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla loro salute>>.
Tale disposizione rappresenta una rilevante novità legislativa, atteso che di recente il divieto di adibire la donna al lavoro, nel caso di aborto dopo il 180° giorno, era stato ribadito anche dal Ministero del Lavoro con interpello n.51/2009, in cui si specificava che il diritto di fruire del congedo obbligatorio post partum era indisponibile e, dunque, la lavoratrice non poteva rinunziarvi neanche esplicitamente.

Per la prima volta, inoltre, il legislatore si è pronunciato in merito all’ipotesi di decesso del bambino nel periodo di astensione obbligatoria, in ordine alla quale – comunque – la dottrina e la giurisprudenza si erano espressi nel senso di stabilire che l’evento luttuoso non interrompeva il periodo di astensione.
La modifica introdotta dal d.lgs. n.119/2011 ribalta, evidentemente, tale impostazione, stabilendo che anche in tal caso la lavoratrice può scegliere se continuare a godere del congedo post partum obbligatorio per tre mesi oppure ritornare in servizio, previo preavviso (si ritiene scritto) di 10 giorni.
La seconda modifica concerne il congedo parentale (in passato definita “astensione facoltativa”) spettante ai genitori di un bambino affetto da handicap grave.
In tal caso il d.lgs. n.151/2001 (c.d. Testo Unico contenente disposizioni sulla maternità e paternità) stabiliva il diritto dei genitori al prolungamento fino a tre anni dell’astensione facoltativa a condizione che il bambino non fosse ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati. Con la nuova disciplina, invece, il diritto dei genitori è stato meglio individuato, precisando che gli stessi potranno godere – entro il compimento dell’ottavo anno di vita del bambino – del prolungamento del congedo parentale, fruibile in misura continuativa o frazionata, per un periodo massimo di tre anni e ciò anche quando il bambino sia ricoverato in istituti specializzati nei quali i sanitari richiedano, comunque, la presenza del genitore.

L’art. 4 del d.lgs. n.119/2011 apporta, inoltre, variazioni all’art. 42 del d.lgs. n.151/2001, stabilendo, in primo luogo, l’alternatività – per i genitori di un bambino affetto da handicap grave – tra il godimento dei 3 giorni di permesso mensile ex art. 33 della legge n.104/92 e il predetto prolungamento del congedo parentale, nonché del prolungamento delle 2 ore di riposo giornaliero.
Tale alternatività, invero, era già stata specificata dall’INPS in alcune circolari operative ma il legislatore, a scanso di equivoci, ha inteso precisarla espressamente, con la conseguenza che i genitori che usufruiscono nell’ambito di un mese dei permessi c.d. “104” non potranno – nell’ambito del medesimo mese – godere dei giorni di congedo parentale o delle 2 ore di riposo giornaliero di cui all’art. 33 del d.lgs.151/2011.

Un’ulteriore innovazione concerne il congedo straordinario retribuito biennale previsto dall’art. 42, 5° comma, del citato Testo Unico. In proposito il d.lgs. n.119/2011 chiarisce che:
• il diritto al congedo spetta, non solo ai genitori o dopo la loro scomparsa ai fratelli o sorelle conviventi di soggetto con portatore di handicap grave (così come previsto nell’originaria formulazione della norma) ma anche al coniuge o al figlio conviventi.
Invero, l’allargamento della sfera dei destinatari di tale tipologia di congedo era già stato effettuato dalla Corte Costituzionale  con varie sentenze succedutesi nel tempo, le quali sono state ora recepite dal legislatore;
• il d.lgs. n.119/2011 precisa, inoltre, che il congedo in argomento è accordato a condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno, salvo che – in tal caso – sia richiesta dai sanitari la presenza del soggetto che presta assistenza. La nuova normativa specifica, altresì, che il congedo de quo ed i permessi c.d. “104” non possono essere riconosciuti a più di un lavoratore per l’assistenza alla stessa persona;
• la nuova disciplina aggiorna anche la disposizione relativa all’indennità ed alla contribuzione figurativa dovuti per tale tipo di congedo e spettanti fino ad un importo complessivo massimo di € 43.579,06 annui, rivalutabili annualmente. In particolare, recita la norma, tale indennità <<è corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità >>: di conseguenza, deve farsi riferimento alla retribuzione percepita nel mese immediatamente precedente a quello in cui ha avuto inizio il congedo, aggiungendo a tale importo <<il rateo giornaliero relativo alla gratifica natalizia o alla tredicesima mensilità ed ai premi o mensilità o trattamenti accessori eventualmente erogati alla lavoratrice>>, come espressamente previsto dall’art. 23 del Testo Unico per il congedo di maternità;
• il d.lgs. n.119/2011 precisa (questa volta espressamente) che il periodo del congedo straordinario non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto, come già, invero, specificato dall’art. 43 del d.lgs. n. n.151/2001 non esplicitamente bensì attraverso un mero rinvio alle disposizioni dell’art. 34, comma 5, del medesimo decreto.

Un’ulteriore modifica riguarda, poi, i permessi ex art. 33 legge n.104/92.
Sul punto già il Collegato Lavoro aveva innovato la materia; conseguentemente il  decreto legislativo n.119/2011 si è limitato a stabilire che è ammessa la possibilità per il lavoratore di usufruire dei tre giorni di permesso mensile anche per assistere più soggetti portatori di handicap, cumulando tra loro i permessi, a condizione che si tratti del coniuge, o di un parente o affine entro il primo o entro il  secondo grado <<qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti>>. Inoltre al fine di evitare strumentalizzazioni ed abusi di tali benefici di legge, il decreto 119 stabilisce – per la prima volta – che il lavoratore titolare di permessi “104” al fine di assistere una persona con handicap grave residente in un comune situato a distanza stradale superiore a 150  chilometri rispetto a quello di residenza del lavoratore, deve attestare – con il titolo di viaggio o altra documentazione idonea – il raggiungimento del luogo di residenza dell’assistito.
Le innovazioni apportate dal decreto n.119 riguardano ancora il congedo per cure agli invalidi, abrogando l’art. 26 della legge 30 marzo 1971 n.118 e l’art.10 del decreto legislativo del 23 novembre 1988 n. 509.

Tali norme disciplinavano  il congedo del periodo massimo di 30 giorni (e fruibile anche in maniera frazionata) riconosciuto ai lavoratori mutilati o invalidi civili con riduzione della capacità lavorativa superiore al 50%. Le nuove disposizioni ribadiscono, come già in passato, che durante tale periodo di congedo, non rientrante nel comporto, il dipendente ha diritto <<a percepire il trattamento calcolato secondo il regime economico delle assenze per malattia>>.
Ancora una volta, però, il legislatore non specifica a carico di chi debba intendersi tale trattamento economico: infatti, sul punto il Ministero del Lavoro aveva in passato affermato che (pur essendo equiparato alla malattia) il congedo in argomento non doveva ritenersi indennizzabile dall’INPS, bensì dal datore di lavoro.
Tale impostazione, tuttavia, appare del tutto contraria ai principi generali e potrebbe trovare, ad avviso dello scrivente, una sua legittimità solo nell’ipotesi in cui nel ccnl di riferimento sia previsto un correlativo obbligo a carico del datore di lavoro (obbligo non prescritto dai ccnl vigenti nell’ambito della sanità privata).
Rimane pertanto un vuoto normativo sul punto, che – si auspica – possa formare oggetto di futuri chiarimenti ministeriali.

Le modifiche apportate dal decreto legislativo in esame riguardano anche le adozioni e gli affidi, rispetto ai quali viene espressamente chiarito che i riposi giornalieri (in passato definiti “permessi per allattamento”) spettano non già entro il primo anno di vita del bambino ma entro il primo anno dall’ingresso del minore in famiglia.
Un’ ulteriore modifica in materia riguarda esclusivamente i dipendenti pubblici (genitori con figlio minori fino a tre anni) cui già l’art. 42 bis del Testo Unico riconosce il diritto di essere assegnati per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa (in caso, naturalmente, di sussistenza di un posto vacante e disponibile).
Il decreto 119 dispone, a riguardo, che tale beneficio deve intendersi riferito ai genitori anche in caso di adozione ed affidamento entro i primi tre anni dall’ingresso del minore nella famiglia ed indipendente dall’età del minore.

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