27 Maggio 2011
La Corte Costituzionale, con la sentenza del 4 aprile 2011 n.116, è intervenuta sul congedo di maternità da riservare alla lavoratrici in caso di parto prematuro del bambino, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 16 del d.lgs. n.151/2001 (c.d. Testo Unico delle disposizioni in materia di tutela della maternità e paternità), nella parte in cui non consente, nell’ipotesi di parto prematuro con ricovero del neonato in una struttura sanitaria pubblica o privata, alla madre lavoratrice di fruire – a sua richiesta e compatibilmente con le sue condizioni di salute attestate da documentazione medica – del congedo obbligatorio che le spetta o di parte di esso a far tempo dalla data di ingresso del bambino nella casa familiare.
Ciò in quanto il citato articolo 16 non prevede tale facoltà, stabilendo unicamente – per l’ipotesi di parto anticipato rispetto alla data presunta – che i giorni non goduti prima del parto siano aggiunti al periodo di congedo in maternità dopo il parto stesso.
Già in passato, invero, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 270 del 30 giugno 1999 aveva censurato la normativa allora vigente (legge 1204/71) nella parte in cui non prevedeva, per l’ipotersi di parto prematuro, una decorrenza dei termini del periodo di astensione obbligatoria idonea ad assicurare un’adeguata tutela della madre e del bambino.
Al tempo la Corte Costituzionale aveva proposto due possibili alternative per la decorrenza del congedo di maternità in caso di parto prematuro: far decorrere il congedo dall’ingresso del bambino in famiglia, ovvero considerare la data presunta del termine della gravidanza in caso di parto normale.
La legge n.53/2000 (successivamente recepita nel d.lgs. n. 151/2001) ha accolto il secondo dei criteri indicati dalla Consulta, prevedendo espressamente che i giorni non goduti prima del parto pre-termine venissero aggiunti al congedo post partum (come, per l’appunto, oggi recita l’art. 16 del T.U.).
Tuttavia, già a seguito della citata sentenza n.270/99 diversi contratti collettivi, compreso quello della sanità privata, hanno affrontato la questione dando facoltà alla lavoratrice di scegliere – in caso di parto prematuro – se differire o meno l’utilizzo del congedo di maternità al rientro in casa del bambino ricoverato a causa del parto anticipato.
Segnatamente l’art. 31, punto 3), 6° comma, del vigente ccnl relativo al personale non medio delle strutture sanitarie private recita testualmente: <<in caso di parto prematuro, alle lavoratrici spettano comunque i mesi di astensione obbligatoria non goduti prima della data presunta del parto. Qualora il figlio nato prematuro abbia necessità di un periodo di degenza presso una struttura ospedaliera pubblica o privata, la madre ha facoltà di rientrare in servizio richiedendo previa presentazione di un certificato medico attestante la sua idoneità in servizio, la fruizione del restante periodo di congedo obbligatorio post parto ed il periodo ante parto qualora non fruito a decorrere dalla data di effettivo rientro a casa del bambino>>.
La previsione contenuta nel citata norma contrattuale (al pari di quelle analoghe contenute in altri CCNL in vari comparti della pubblica amministrazione e che ad una prima lettura potevano sembrare contraria alle norme di legge stante il divieto ivi previsto di rientrare in servizio subito dopo il parto) è stata determinata proprio dalla sentenza della Corte Costituzionale del 1999 che, tuttavia, non si era espressa in maniera così esplicita come ha, di recente, fatto con la sentenza n. 116/2011.
Le previsioni contenute nel ccnl della Sanità privata, pertanto, sono state anticipatorie rispetto al principio sancito dalla Corte Costituzionale: la conseguenza è che, attualmente, tutte le lavoratrici (e non solo quelle che lavorano nel comparto della sanità privata o nei diversi comparti in cui i relativi ccnl hanno disciplinato in maniera analoga al ccnl Aris) potranno usufruire della possibilità di differire il godimento del congedo di maternità in corrispondenza alla data di ingresso a casa del bambino nato anticipatamente; nel frattempo la lavoratrice può riprendere servizio, sempre che le sue condizioni di salute (debitamente certificate) lo consentano.
Resta il problema di come considerare i giorni di ricovero della madre per il parto e quelli successivi, necessari al fisiologico recupero fisico della stessa.
Sul punto i giudici della Corte Costituzionale non si sono espressi apertamente: tuttavia, atteso che il congedo potrà essere differito in tutto o in parte, la madre potrebbe imputare i primi giorni di assenza al congedo di maternità e, successivamente, interromperlo per poterlo utilizzare in un momento successivo, ovvero considerare i giorni del parto quali giornate di assenza per malattia (anche se, sul punto, occorrerà attendere futuri chiarimenti ministeriali che, certamente, interverranno a seguito dell’ultima pronuncia della Corte Costituzionale).