19 Luglio 2013
Con la sentenza del 22 maggio 2013, n. 12572 la Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta in merito allo “spinoso” tema della distinzione tra natura autonoma e subordinata del rapporto intercorrente tra un medico e una casa di cura.
Nel caso di specie, un medico in regime libero professionale rivendicava la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze di una Casa di Cura, chiedendo, per l’effetto, la condanna al pagamento delle differenze retributive derivanti dal contratto collettivo applicato dal datore di lavoro.
Orbene, la Corte di Cassazione, nel ripercorrere anche le motivazioni già rese da precedenti pronunce dei Giudici di legittimità, ha osservato che nei casi di difficile qualificazione del rapporto a causa della natura intellettuale dell’attività svolta (come quello dell’attività lavorativa prestata da un medico in favore di un’organizzazione imprenditoriale) l’essenziale criterio distintivo della subordinazione, intesa come assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, deve necessariamente essere accertato o escluso – non tanto sulla base dell’esercizio del potere direttivo – quanto piuttosto sulla base di elementi sussidiari che il giudice di merito deve individuare con accertamento di fatto.
In particolare, laddove le prestazioni necessarie per il perseguimento dei fini aziendali siano organizzate in maniera tale da non richiedere l’esercizio da parte del datore di lavoro di un potere gerarchico che si concretizza in ordini e direttive e nell’esercizio del potere disciplinare, “non può farsi ricorso ai criteri distintivi costituiti dall’esercizio dei poteri direttivo e disciplinare, ne’ possono considerarsi indicativi della natura subordinata dal rapporto elementi come la fissazione di un orario per le visite, o eventuali controlli nell’adempimento della prestazione, se non si traducono nell’espressione del potere conformativo sul contenuto della prestazione proprio del datore di lavoro, dovendo, in tali ipotesi, la sussistenza o meno della subordinazione essere verificata in relazione alla intensità della etero – organizzazione della prestazione, al fine di stabilire se l’organizzazione sia limitata al coordinamento dell’attività del medico con quella dell’impresa, oppure ecceda le esigenze di coordinamento per dipendere direttamente e continuativamente dall’interesse dell’impresa, responsabile nei confronti dei clienti di prestazioni assunte come proprie e non della sola assicurazione di prestazioni altrui” (Cass. 3471/03).
Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ritiene corretti i principi espressi dalla Corte d’Appello, che aveva giudicato la fattispecie nel merito, in quanto essa ha fondato la propria decisione sul rilievo che il datore di lavoro, attraverso l’imposizione di un orario di lavoro, cui il medico era tenuto, esercitava il proprio controllo sull’osservanza da parte di quest’ultimo dell’orario di lavoro esplicando in tal modo il proprio potere direttivo, organizzativo e gerarchico.