13 Maggio 2016
“I datori di lavoro possono utilizzare gli strumenti GPS con lo scopo di localizzare i propri dipendenti che lavorano in modalità Mobile Working e sono dotati di telefono aziendale“.
Questo è quanto recentemente affermato dal Garante della Privacy il quale, invero, già nel 2011 (con provvedimento del 4 ottobre), nell’occuparsi della questione inerente i sistemi di localizzazione dei veicoli nell’ambito del rapporto di lavoro, aveva ammesso una simile possibilità ritenendola funzionale a soddisfare esigenze organizzative, produttive e logistiche (quali ad esempio la possibilità di elaborare rapporti di guida allo scopo di commisurare il tempo di lavoro del conducente con la conseguente determinazione della retribuzione dovuta) oltre che di sicurezza sul lavoro.
Tuttavia, aggiungeva il Garante, “considerato che la localizzazione dei veicoli può comportare una forma di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, oltre alla disciplina di protezione dei dati personali, deve altresì essere rispettata la disciplina dettata dall’art. 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300“.
Tale disposto, è destinato ad essere rivisto alla luce delle recenti modifiche apportate dal job’s act proprio all’art. 4 della l. n. 300/1970 il quale, nella sua attuale formulazione, pur prevedendo sempre che l’introduzione di strumenti dai quali possa derivare un controllo a distanza del lavoratore debba essere preceduta da uno specifico accordo collettivo stipulato con le organizzazioni sindacali, esime tuttavia la parte datoriale dalla stipula di simili intese qualora siano introdotti “strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa” e per la “registrazione degli accessi e delle presenze”.
Il nuovo art. 4, in altre parole, se da un lato lascia pressoché invariata la disciplina generale dei controlli a distanza dell’attività lavorativa realizzati attraverso impianti audiovisivi o altri dispositivi, dall’altro introduce alcune rilevanti novità per quanto riguarda i controlli effettuati mediante gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa (smartphone, smartwatch, tablet e navigatore satellitare installato nelle auto, per citarne alcuni) ed agli apparecchi di registrazione degli accessi e delle presenze.
Tali novità consistono in primo luogo nella legittimità “in re ipsa” dei suddetti strumenti, non richiedendosi più in capo al datore di lavoro alcun onere autorizzatorio preventivo (di natura sindacale o amministrativa), e in secondo luogo – ed è questo il punto più rilevante della modifica – nell’utilizzabilità delle informazioni raccolte mediante tali strumenti a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro (finanche ai fini disciplinari).
Orbene in relazione al mobile-working è sicuramente più semplice sostenere che il dispositivo idoneo al controllo (ovvero il Gps installato su auto e tablet) rappresenti, per il lavoratore, uno strumento indispensabile per l’espletamento della propria prestazione con conseguente applicabilità – in tale specifica ipotesi – di quanto previsto dalla novella legislativa.
Tuttavia, a nostro avviso, tale ragionamento potrebbe assumere rilievo anche nelle realtà sanitarie e più nel dettaglio nel caso dei lavoratori addetti alle mansioni di autista (in cui il Gps installato sul mezzo aziendale in dotazione può certamente considerarsi “attrezzo da lavoro” nella misura in cui ad esempio quest’ultimo consente di determinare il tragitto da percorrere) o ancora nel caso specifico di professionisti che operino in regime domiciliare (si pensi alle penne elettroniche il cui utilizzo si è già diffuso in talune strutture sanitarie).
In proposito, si rammenta che l’utilizzo di tali dispositivi deve essere necessariamente subordinato alla consegna da parte del datore, al dipendente, di un’adeguata informativa in merito alle modalità con cui gli stessi dovranno essere utilizzati ed ai controlli che verranno effettuati.