24 Febbraio 2020
Sulla Gazzetta Ufficiale n.45 del 23 febbraio 2020 è stato pubblicato il Decreto Legge n. 6/2020, con cui il Governo ha predisposto le prime misure di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.
Fermi restando gli aspetti di carattere sanitario e di salute pubblica, e l’apprensione che gli stessi suscitano, occorre rilevare come i recenti accadimenti possano avere un impatto anche sulla gestione dei rapporti di lavoro, potendo determinare l’assenza del lavoratore dal servizio.
In tal caso, l’assenza del dipendente è certamente giustificata, in quanto lo stesso non può rendere la propria prestazione per cause non dipendenti dalla sua volontà. L’assenza, inoltre, potrebbe essere considerata quale permesso retribuito ai sensi dell’art. 31, lett. g), del vigente ccnl per il personale non medico (ovvero dell’art. 21 lett. e per il personale medico o dell’art. 30 lett. g per il personale cui si applica il ccnl Aris RSA e Centri di Riabilitazione), relativo proprio alle assenze “per periodi contumaciali previsti per le malattie infettive, con retribuzione”.
Tali indicazioni valgono anche per il caso dei lavoratori destinatari di provvedimenti di quarantena obbligatoria, salvo che, naturalmente, sussistano le condizioni per usufruire delle prestazioni per malattia a carico dell’INPS.
In tale ipotesi, laddove la sospensione sia imposta dalla pubblica autorità, sussisterebbe una causa oggettiva non imputabile al datore di lavoro (cd. factum principis), che giustificherebbe una corrispondente sospensione non retribuita del dipendente; diversamente, qualora si tratti di una decisione della singola struttura, dettata da finalità precauzionali, l’assenza del lavoratore dovrà comunque essere retribuita ed il relativo monte ore potrebbe (previo confronto sindacale) essere utilizzato in periodi successivi, nel rispetto delle vigenti disposizioni contrattuali in materia di orario plurisettimanale.
In entrambe le ipotesi, inoltre, il datore di lavoro potrebbe anche attribuire al lavoratore un periodo di ferie.
In tal modo, come d’altronde già stanno facendo molte aziende lombarde e venete, si potrà evitare (nei limiti del possibile, tenuto conto delle peculiarità del settore sanitario) l’assenza stessa dei lavoratori e l’interruzione dell’attività lavorativa.
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