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Legittimo il licenziamento tramite whatsapp

28 Luglio 2017

Ha destato molto scalpore mediatico una recente pronuncia del Tribunale di Catania (ord. 27 giugno 2017) con la quale è stato dichiarato pienamente legittimo il licenziamento comminato ad una lavoratrice via whatsapp, ossia tramite l’applicazione di messaggistica istantanea che ha preso il posto dei vecchi sms e, stando a quanto statuito dal giudice siciliano, anche delle vecchie lettere raccomandate a/r.
Secondo il Tribunale di Catania, in particolare, “il recesso intimato mezzo “whatsapp” … appare infatti assolvere l’onere della forma scritta trattandosi di documento informatico che parte ricorrente ha con certezza imputato al datore di lavoro, tanto da provvedere a formulare tempestiva impugnazione stragiudiziale”.
In sostanza, nel caso sottoposto al giudice siciliano, la lavoratrice – dopo aver ricevuto il messaggio con il quale le veniva comunicato il licenziamento – ha impugnato stragiudizialmente il recesso (così ammettendo di averne avuto contezza e di avere anche la certezza del mittente), procedendo tuttavia al deposito del ricorso giudiziale dopo lo spirare del termine decadenziale previsto dall’art. 6 della l. n. 604/66 e decorrente proprio dalla data dell’impugnazione del licenziamento.
L’immediata reazione della lavoratrice, a detta del magistrato, era la prova che l’iniziativa del datore di lavoro fosse stata idonea ad assolvere i requisiti formali richiesti ai fini del licenziamento, in quanto la volontà di licenziare era stata comunicata per iscritto ed in maniera inequivocabile, così come richiesto dal consolidato orientamento della giurisprudenza in materia di comunicazione del licenziamento.
Del resto, si legge nell’ordinanza in commento, secondo l’orientamento della Suprema Corte “in tema di forma scritta del licenziamento prescritta a pena di inefficacia, non sussiste per il datore di lavoro l’onere di adoperare formule sacramentali” potendo “la volontà di licenziare … essere comunicata al lavoratore anche in forma indiretta, purchè chiara” (Cass. sent. nn. 17652/2007 e 6553/2009).
Non è la prima volta che i giudici italiani arrivano a conclusioni analoghe a quelle riportate nella pronuncia in esame, atteso che già negli anni scorsi il Tribunale di Torino (sent. 23 luglio 2014), il Tribunale di Genova (decreto 5 aprile 2016, n. 223) e la Corte d’Appello di Firenze (sent. 5 luglio 2016) avevano riconosciuto la legittimità del licenziamento comminato via sms, sul presupposto che lo stesso “deve considerarsi documento informatico, sottoscritto con firma elettronica “leggera” e come tale ai sensi della disposizione di cui al all’art.20 co 2 la sua idoneità a soddisfare il requisito della forma scritta richiesta dall’art. 1350 n.13, è liberamente valutabile in giudizio tenuto conto delle sue caratteristiche di qualità di sicurezza, integrità e immodificabilità”.
In effetti, l’art. 2 della l. n. 604/66 si limita a prevedere unicamente l’obbligo per il datore di lavoro di “comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro”, precisando altresì che la comunicazione debba “contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato”; di conseguenza – fatta salva l’ipotesi in cui sia il ccnl a prescrivere una determinata forma per il licenziamento – nulla osterebbe, in linea di principio all’adozione fulminea del provvedimento di recesso, attraverso l’invio al lavoratore di un semplice sms o, ancora meglio, di un messaggio di whatsapp così da essere sicuri che il dipendente lo abbia ricevuto e ne abbia letto il contenuto.
Certo, tale modalità eviterebbe le incertezze legate al mancato ritiro della classica raccomandata da parte del dipendente, il quale nella maggior parte dei casi è in grado di prevedere quale possa essere il contenuto (avendo ricevuto la preventiva contestazione disciplinare, ove si tratti di licenziamento disciplinare) e, pertanto, rifiuti di acquisire la missiva, lasciandola in giacenza presso l’Ufficio Postale così da corroborare l’eventuale impugnativa di licenziamento anche con eccezioni di carattere formale.
E’ evidente, tuttavia, che l’utilizzo della messagistica telefonica per la comunicazione del licenziamento, se da un lato potrebbe risolvere simili problematiche, dall’altro rischia in ogni caso di aprire il campo a ben più grandi incertezze in ordine all’effettiva ricezione del messaggio ed al momento della ricezione dello stesso da parte del destinatario, il quale potrebbe sempre dichiarare di non aver ricevuto il messaggio o disabilitare, per i messaggi whatsapp, l’opzione che consente al mittente di visualizzare quando il messaggio viene letto dal destinatario.

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