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Legittimo il licenziamento del dipendente che querela il proprio datore di lavoro al fine di vendicarsi

30 Dicembre 2022

È legittimo il licenziamento del dipendente che denuncia il proprio datore di lavoro?

Alla domanda ha di recente risposto la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 29526 dell’11 ottobre 2022, a seguito del ricorso presentato da un lavoratore licenziato per la suddetta ragione.

I Giudici di legittimità, analizzando la sentenza impugnata (che aveva ritenuto legittimo il licenziamento), hanno confermato la correttezza della motivazione della Corte d’Appello, atteso che dalla ricostruzione dei fatti era emerso che il dipendente aveva denunciato il proprio datore di lavoro unicamente per vendicarsi del mancato riconoscimento di un miglior inquadramento contrattuale.

In particolare, il dipendente aveva accusato la società datrice di lavoro di aver assunto consapevolmente, ed in maniera illegale, delle persone extracomunitarie introdottesi clandestinamente nel territorio italiano e che utilizzavano generalità e permessi di soggiorno falsi.

Atteso che l’ipotesi di reato è stata smentita in sede istruttoria, gli Ermellini hanno confermato la legittimità del licenziamento del lavoratore, tenuto conto che la condotta di quest’ultimo aveva comportato l’apertura di un procedimento penale a carico del legale rappresentante della società datrice di lavoro, nonché l’accesso delle Forze dell’Ordine presso la sede della società con l’acquisizione di diversi documenti e l’escussione di alcuni dipendenti, con ciò arrecando un grave nocumento (anche d’immagine) alla società coinvolta.

I Giudici di legittimità hanno ritenuto esente da ogni vizio le conclusioni alle quali era giunta la Corte d’Appello, la quale – uniformandosi all’orientamento espresso in altra precedente sentenza della Cassazione – ha ritenuto che “l’esercizio del potere di denuncia, riconosciuto dall’art. 333 c.p.p., non può essere fonte di responsabilità, se non qualora il privato faccia ricorso ai pubblici poteri in maniera strumentale e distortaossia agendo nella piena consapevolezza della insussistenza dell’illecito o della estraneità allo stesso dell’incolpato”.

Nel caso esaminato dalla Corte, peraltro, era emerso che la condotta denunciata (rivelatesi insussistente), sebbene fosse astrattamente costituente fattispecie di reato e, comunque, idonea ad arrecare grave nocumento morale e materiale alla società, era stata presentata dal lavoratore poco dopo il rigetto della sua richiesta di un miglior inquadramento contrattuale. Valorizzando anche il suddetto elemento cronologico, i Giudici hanno desunto che la denuncia era stata proposta dal lavoratorenon per rimuovere una situazione di illegalità o per tutelare propri diritti, ma con la volontà di danneggiare il proprio datore di lavoro per vendicarsi del mancato riconoscimento delle proprie richieste, con la conseguenza che la decisione di risolvere il rapporto di lavoro doveva ritenersi del tutto legittima essendo irrimediabilmente leso il vincolo fiduciario alla base dello stesso.

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