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Legittimità del patto di prova anche dopo il contratto a termine.

5 Febbraio 2019

La Suprema Corte di Cassazione con la recente ordinanza n. 28252 del 6 novembre u.s. è tornata a pronunciarsi sulla legittimità dell’apposizione del patto di prova pur in presenza di un precedente rapporto lavorativo tra le parti.

Il caso analizzato dai Giudici di piazza Cavour riguarda il licenziamento per mancato superamento del periodo di prova di una lavoratrice assunta a tempo indeterminato dalla stessa società con la quale aveva intrattenuto in precedenza (circa un anno e mezzo prima) un rapporto di lavoro a tempo determinato per lo svolgimento delle medesime mansioni.

A sostegno della propria tesi difensiva la dipendente eccepiva la nullità e l’inefficacia del patto di prova, sostenendo di aver superato il relativo periodo in ragione dello svolgimento delle identiche mansioni oggetto del precedente contratto a termine.

La decisione di primo grado, favorevole alla lavoratrice, è stata ribaltata dalla sentenza della Corte d’Appello territorialmente competente, confermata poi dalla Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza in esame.

Gli Ermellini, richiamando il loro costante orientamento, hanno affermato che l’apposizione del patto di prova è ammissibile anche in un successivo contratto stipulato tra le medesime parti, purché ciò risponda alla finalità di verificare (alla luce di molteplici fattori che possono modificare nel tempo, non solo le capacità professionali, ma anche le abitudini di vita e le condizioni di salute) la reciproca convenienza del contratto, atteso che il datore di lavoro ha interesse ad accertare le attuali capacità del lavoratore e quest’ultimo, a sua volta, a valutare l’entità della prestazione richiestagli e le condizioni di svolgimento del rapporto.

La Suprema Corte – dopo aver appurato che i giudici di secondo grado avevano correttamente posto alla base della loro decisione la circostanza che il nuovo contratto prevedeva una differente sede, altri colleghi con cui relazionarsi e un carico di lavoro differente – ha confermato la decisione impugnata, ritenendola immune da ogni vizio logico, atteso che le suddette condizioni del nuovo contratto a tempo indeterminato – sebbene relativo allo svolgimento delle medesime mansioni di quello precedente – erano di per sé sufficienti per giustificare la necessità da parte del datore di lavoro di verificare nuovamente le capacità della lavoratrice.

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