18 Gennaio 2019
La cd. legge di Bilancio 2019 (l. n. 145/2018) ha introdotto un diritto di precedenza nella stipula di accordi per lo smart working nei confronti delle lavoratrici madri e dei disabili.
Come anticipato nella precedente nota “Ulteriori approfondimenti sulla Legge di Bilancio 2019”, il comma 486 della citata legge ha modificato l’articolo 18 della legge 22 maggio 2017 n. 81, inserendo il seguente comma: «3-bis. I datori di lavoro pubblici e privati che stipulano accordi per l’esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile sono tenuti in ogni caso a riconoscere priorità alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalità agile formulate dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo di maternità previsto dall’articolo 16 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, ovvero dai lavoratori con figli in condizioni di disabilità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104».
Si tratta, con ogni evidenza, non di un diritto assoluto dei lavoratori che si trovino nelle condizioni individuate dal legislatore ad ottenere lo smart working, ma solo del diritto ad essere preferiti nell’ipotesi in cui il datore di lavoro decida di introdurre la modalità di lavoro agile all’interno della realtà lavorativa.
Pur in assenza di riferimenti, si ritiene inoltre che tale diritto sorga in capo ai lavoratori in possesso dei suddetti requisiti solo ove essi rivestano le qualifiche per le quali il datore di lavoro abbia previsto la possibilità di svolgimento della prestazione in regime di smart working e non ogni qualvolta siano stipulati in azienda accordi di tal fatta.
Non tutte le prestazioni possono essere rese, infatti, nella modalità di smart working, ossia – secondo la definizione utilizzata dal legislatore – “con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa… in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa” (art. 18 d.lgs. n. 81/17).
Di conseguenza, il diritto in argomento potrà essere esercitato solo compatibilmente con la qualifica rivestita dal lavoratore e ferma restando la disponibilità del datore di lavoro ad attivare tale modalità flessibile di svolgimento della prestazione in relazione alla suddetta qualifica.
La legge di Bilancio non ha previsto, invece, alcun rifinanziamento del fondo per il sostegno alla contrattazione aziendale in materia di conciliazione vita lavoro che aveva consentito, nel precedente biennio, l’accesso agli sgravi contributivi alle imprese del settore privato sottoscrittrici di accordi di conciliazione tra vita professionale e privata.