16 Febbraio 2021
Negli ultimi tempi le note con le quali l’Ispettorato Nazionale del lavoro fornisce indicazioni operative ai propri ispettori hanno anche il pregio di interpretare meglio alcuni istituti.
Ne è un esempio la prima circolare di quest’anno (circ. 1/21), con la quale l’Inl ha affrontato un argomento alquanto complesso, ovvero il lavoro intermittente e la sua regolamentazione all’interno dei contratti collettivi.
La circolare prende spunto da un’importante sentenza della Cassazione (n. 29423 del 13 novembre 2019, oggetto di una precedente news) per ribadire che il contratto collettivo non può arrivare a vietare l’utilizzo di tale tipologia contrattuale.
Sul punto, l’Ispettorato dà atto che in alcune precedenti note il Ministero del Lavoro (Risposta ad interpello 37/08 e nota prot. 18194/16) aveva affermato che il potere della contrattazione collettiva si spingesse fino alla possibilità di vietare l’utilizzo del lavoro intermittente; tuttavia, lo stesso Ente evidenzia che tale posizione deve ritenersi ormai superata dalla sentenza della Corte di cassazione n. 29423 del 13 novembre 2019.
D’altronde, il legislatore non solo non ha posto in capo alla contrattazione collettiva «alcun potere di interdizione in ordine alla possibilità di utilizzo di tale tipologia contrattuale», ma ha finanche previsto alcune ipotesi alternative (oggettive e soggettive) in cui è possibile il ricorso al contratto intermittente, anche in caso di mancata regolamentazione da parte dei contratti collettivi.
Infatti, gli artt. 13 e ss. d.lgs. 81/15 (che prevedono la possibilità per la contrattazione collettiva di disciplinare la materia ed, in particolare, di individuare le esigenze per le quali è consentito l’utilizzo di tale tipologia contrattuale) demandano – in assenza di intervento – ad un apposito decreto ministeriale (che, allo stato, rimanda a sua volta al regio decreto n. 2657 del 1923) per l’individuazione delle ipotesi in cui è possibile il ricorso al contratto in questione.
Inoltre, lo stesso art. 13 prevede «in ogni caso» la possibilità di sottoscrivere simili contratti con soggetti che abbiano un’età inferiore ai 24 anni (purché le prestazioni siano svolte entro il venticinquesimo anno di età) ovvero superiore ai 55 anni.
L’Ispettorato, pertanto, invita il proprio personale a «non tener conto, nell’ambito dell’attività di vigilanza, di eventuali clausole sociali che si limitino a vietare il ricorso al lavoro intermittente».
Tale istruzione operativa appare del tutto condivisibile anche in considerazione del fatto che, qualora l’intenzione del legislatore fosse stata effettivamente quella di porre ulteriori limitazioni al ricorso al lavoro intermittente, avrebbe inserito una apposita previsione all’interno dell’art. 14 d.lgs. 81/15, recante le ipotesi di espresso divieto di ricorso a tale tipologia contrattuale.