1 Luglio 2011
Uno degli argomenti sui quali più spesso interviene la giurisprudenza è di certo quello della legittimità dei procedimenti disciplinari attivati dai datori di lavoro e della conseguente validità delle sanzioni comminate.
Spesso, in particolare, il lavoratore punito si duole dell’indisponibilità del datore di lavoro alla sua audizione personale, sul presupposto dell’inutilità di tale incombente in presenza di precedenti giustificazioni scritte del dipendente.
In tali casi, la giurisprudenza ormai costante ritiene – salve le ipotesi in cui l’istanza in questione appaia meramente dilatoria – che, ove il dipendente abbia formulato tempestivamente la relativa richiesta, il datore di lavoro non possa ignorarla, dovendo necessariamente procedere alla sua audizione orale a pena di invalidità della sanzione irrogata.
Ciò anche laddove il lavoratore abbia richiesto di essere sentito con l’assistenza di un avvocato. Quest’ultimo è il caso analizzato dalla Suprema Corte e deciso con la sentenza n. 26023 dell’11.12.09.
Nella fattispecie, un dipendente ricorreva al Giudice del lavoro per l’accertamento dell’illegittimità del licenziamento disciplinare irrogatogli senza essere stato previamente sentito a sua difesa, nonostante la sua richiesta in tal senso.
Il Tribunale adito accoglieva il ricorso, con sentenza impugnata dall’azienda resistente, la quale – a sostegno della correttezza del proprio operato – affermava che il dipendente si era già esaustivamente giustificato per iscritto e che aveva sì chiesto di essere sentito, ma con l’assistenza non solo del proprio rappresentante sindacale (così come previsto dall’art. 7 Stat. Lav.), bensì anche del proprio legale di fiducia, in tal modo legittimando il rifiuto della richiesta audizione da parte del datore di lavoro, non sussistendo alcuna norma di legge che prevedesse tale facoltà. La Corte d’Appello investita della questione confermava la decisione del giudice di prime cure, rigettando il gravame proposto. L’azienda datrice di lavoro, pertanto, ricorreva per la cassazione della decisione resa dalla Corte territoriale, riproducendo le doglianze già esposte in sede di appello e sostenendo, per quanto in questa sede maggiormente interessa, l’insussistenza di un obbligo di procedere all’audizione orale del dipendente che abbia già reso giustificazioni scritte, nonché la legittimità del rifiuto di accogliere la richiesta di audizione del lavoratore, quando costui chieda l’assistenza non solo del proprio rappresentante sindacale, ma anche del legale di fiducia.
La Corte di Cassazione rigettava il ricorso.
I Supremi Giudici, infatti – che confermano l’esclusione della facoltà per il lavoratore di farsi assistere da un legale in sede di audizione personale, non essendovi nella legge alcun riferimento all’assistenza cosiddetta tecnica, che è normalmente prevista nell’ordinamento solo in giudizio (articolo 24 Cost., comma 2) – evidenziano tuttavia che l’irrituale richiesta formulata dal lavoratore non esimeva il datore di lavoro dal convocarlo, sia pure rifiutando la presenza del legale nell’incombente in questione.
Ed invero, poiché l’art. 7 Stat. Lav. subordina in modo rigoroso l’irrogazione della sanzione disciplinare all’audizione (qualora essa sia richiesta), l’azienda avrebbe dovuto convocare ugualmente il lavoratore, precisandogli che l’audizione sarebbe stata consentita alla presenza del solo rappresentante sindacale e non anche del legale.