29 Gennaio 2019
Con la recente sentenza del 7 gennaio 2019 n. 138, la Suprema Corte di Cassazione, confermando la legittimità del licenziamento di un lavoratore per non aver partecipato (in più occasioni) ai corsi sulla sicurezza sul lavoro organizzati dal proprio datore di lavoro, offre lo spunto per evidenziare l’importanza di tale obbligo formativo, nonché le conseguenze disciplinari in caso di inadempienza.
Secondo gli Ermellini, infatti, il dovere di ogni dipendente di partecipare agli incontri formativi ha contemporaneamente natura legale e contrattuale, con la conseguenza che l’inosservanza del suddetto obbligo comporta la violazione, oltre che di una disposizione legislativa, anche del contratto di lavoro.
La Corte di Cassazione è giunta alle suddette conclusioni partendo dal presupposto che l’art. 20 del d.lgs 81/2008 prevede espressamente che ogni lavoratore ha l’obbligo di “prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro”.
In particolare, ogni dipendente – ai sensi dell’art. 20, commi 1 e 2 lett. h) del suddetto decreto – ha l’obbligo (penalmente sanzionato) di “partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro”.
In ragione di quanto sopra, secondo i Giudici di legittimità, il lavoratore che non partecipa ai suddetti corsi si rende contrattualmente inadempiente nei confronti del proprio datore di lavoro, integrando una violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c.
Pertanto, nel confermare le sentenze dei precedenti gradi di giudizio che avevano dichiarato legittimo il licenziamento, i Giudici hanno ritenuto che la mancata partecipazione al corso di formazione in materia di sicurezza sul lavoro organizzato dall’azienda rappresenti “una grave violazione, da parte del lavoratore, degli obblighi di diligenza e di fedeltà ovvero delle regole di correttezza e di buona fede, di cui agli artt.1175 e 1375 c.c., tale da ledere in via definitiva il vincolo fiduciario e di rendere proporzionata la sanzione irrogata”.
La condivisibile pronuncia della Suprema Corte, risulta essere perfettamente in linea con gli obiettivi che il legislatore intende raggiungere per il tramite del complesso impianto normativo sulla sicurezza sul lavoro e sulla sorveglianza sanitaria, riconoscendo un ruolo da protagonista al lavoratore stesso, il quale, ai sensi dell’art. 20 comma 2 lett. a) e h) del d.lgs.81/08, è tenuto a “contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro” anche partecipando “ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro”.
Per completezza, appare utile sottolineare che nel caso esaminato dalla Corte di Cassazione il licenziamento è stato ritenuto legittimo, anche in ragione del comportamento recidivo del lavoratore.
Conseguentemente, al fine di evitare possibili contestazioni sulla proporzionalità della sanzione, eventuali provvedimenti espulsivi dovrebbero essere adottati unicamente nell’ipotesi in cui siano già state sanzionate le medesime condotte, ovvero quando il lavoratore non abbia partecipato in più occasioni ai corsi sulla sicurezza sul lavoro.