19 Ottobre 2018
Il cd. regime transitorio introdotto dalla legge di conversione (n.96/2018) del d.l. 87/2018 ha stabilito che le nuove disposizioni in materia di contratto a tempo determinato si applichino “ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché ai rinnovi e alle proroghe contrattuali successivi al 31 ottobre 2018”; le proroghe e o i rinnovi dei contratti stipulati anteriormente al 14 luglio u.s. potranno, pertanto, intervenire, entro il 31 ottobre p.v., ancora sulla base delle previgenti disposizioni (e, cioè, nel rispetto del limite di durata massima di 36 mesi, con un numero di proroghe non superiore a cinque e senza obbligo di causale).
Tale “franchigia” concessa dal legislatore ha suscitato – probabilmente per l’usuale artificiosità del testo di legge – numerosi dubbi interpretativi, soprattutto in merito alla disciplina da applicare ai contratti in scadenza oltre la fine del regime transitorio, in relazione ai quali si è arrivati ad ipotizzare una proroga anticipata, entro il 31 ottobre p.v., così da poter beneficiare della previsione di maggior durata dei contratti senza i rischi collegati all’indicazione di una causale.
In proposito, secondo alcuni commentatori (Aldo Bottini “Per i datori la scelta tra quattro regimi”, Il Sole 24 ore; Giampiero Falasca, “Possibile prolungare l’incarico in anticipo”, Il Sole 24 ore) la “finestra” prevista dal nuovo testo sembrerebbe ammettere la possibilità di prorogare – ante tempus – i contratti in scadenza dopo il periodo transitorio, con atto negoziale che intervenga prima del 31 ottobre 2018 così da poter applicare la previgente normativa e prorogare liberamente il contratto.
Effettivamente in giurisprudenza non risultano sentenze che neghino la validità di una proroga anticipata rispetto alla data di naturale scadenza del contratto e, pertanto, in linea di principio deve ritenersi che essa non sia vietata (Alberto Bosco, Cautela nella proroga anticipata del contratto a termine, Il Sole 24Ore).
Tuttavia, tale interpretazione a parere di altri (Luca Negrini “Proroga anticipata contratti a termine che scadono dopo il 31 ottobre”, in Lavoro e Previdenza; Alessandro Rota Porta, Francesca Barbieri, Valentina Melis “Contratti a tempo determinato: quattro regimi in cinque mesi”, Il Sole 24 ore), non sembrerebbe condivisibile, in quanto si tratterebbe di una soluzione che potrebbe essere, addirittura, ritenuta in frode alle nuove disposizioni.
Ed infatti, la proroga di un contratto il cui termine è previsto dopo il 1° novembre p.v. esplicherà la sua efficacia alla data di scadenza naturale dello stesso, cioè oltre la fine del regime transitorio; di conseguenza, tale proroga dovrebbe rientrare nel novero di applicabilità delle novità introdotte dal cd. decreto dignità, rilevando in proposito la data di effettività della proroga e non la data di stipula del relativo atto negoziale.
Si rischierebbe, infatti, che la proroga anticipata venga intesa come disposta al solo fine di eludere l’applicazione della nuova disciplina introdotta dal d.l. 87/2018 e continuare, così, ad applicare la precedente disciplina maggiormente vantaggiosa, con la conseguenza che il patto potrebbe essere ritenuto nullo ed il contratto di lavoro trasformato a tempo indeterminato, essendo proseguito oltre l’originaria scadenza, al di fuori dei limiti previsti dall’art. 21 del d. lgs. 81/2015.
Alla luce di tali ultime considerazioni e in assenza di un’interpretazione univoca a riguardo, una certa prudenza sembra pertanto d’obbligo: risulterebbe difficile, infatti, per il datore di lavoro dimostrare che la proroga anticipata concordata con il dipendente sia stata motivata dal sopraggiungere di circostanze inattese (ma prevedibili in anticipo?), giustificative di una prosecuzione ante tempus del rapporto di lavoro.