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La timbratura del cartellino altrui legittima il licenziamento di entrambi i dipendenti

16 Dicembre 2011

Recentemente, la giurisprudenza di legittimità è tornata ad occuparsi delle conseguenze della timbratura del cartellino marcatempo da parte del collega, argomento sul quale negli ultimi anni si è formata una interessante casistica.

Il tema, come noto, è quello della possibilità di considerare tale condotta irrimediabilmente lesiva del vincolo fiduciario caratterizzante il rapporto di lavoro e, come tale, idonea ad integrare una giusta causa di licenziamento sia nei confronti del lavoratore che ha effettuato la timbratura, sia nei confronti di quello che si è fatto timbrare il cartellino.
Sul punto, già in precedenza la giurisprudenza di merito ha avuto modo di ritenere legittimo il licenziamento irrogato per tale motivo, risultando particolarmente interessante in merito la sentenza resa dal Tribunale di Torino in data 26 luglio 2004 n. 1971, relativa proprio al recesso operato da una struttura sanitaria che applicava il ccnl della Sanità Privata.
In quel frangente, il Giudice – richiamando espressamente le norme contenute nel ccnl di categoria – rilevava che farsi timbrare il cartellino da un altro dipendente, oltre a configurare ipotesi di reato, costituisce notevole inadempimento degli obblighi di diligenza e buona fede ricadenti sul lavoratore, tale da consentire al datore di lavoro di recedere dal rapporto, non potendosi dubitare che tale condotta sia in grado far venire meno la fiducia nei confronti del dipendente disonesto.

Nella fattispecie decisa dalla Suprema Corte, del tutto analogamente, un dipendente – sorpreso a timbrare il cartellino al posto di un collega assente – veniva licenziato in tronco.
Ricorreva avverso il provvedimento espulsivo, riuscendo (incredibilmente) ad essere reintegrato dal Tribunale adito.
L’azienda, tuttavia, proponeva appello, ottenendo la riforma della pronuncia di primo grado e la conferma del licenziamento irrogato, sentenza condivisa anche dalla Corte di Cassazione, successivamente adita dal lavoratore.
Ed invero, il Giudice di legittimità – richiamando il proprio ormai consolidato orientamento in merito (cfr. Cass. 14507/2003, Cass. 6609/03, Cass. 41471/09) – osserva che la condotta posta in essere dal lavoratore, consistita nel timbrare il cartellino mentre la collega era nel parcheggio aziendale, costituisce giusta causa di licenziamento, in quanto evidenzia un deliberato e volontario inganno in danno del datore di lavoro.

Tale inganno, quindi – ad avviso dei Supremi Giudici – ben può determinare l’irrimediabile lesione del vincolo fiduciario che necessariamente deve intercorrere durante il rapporto di lavoro, con conseguente legittimità della sanzione espulsiva, ritenuta non sproporzionata rispetto alla condotta.
Per mera completezza, inoltre, si rappresenta che condotte come quelle esaminate nel caso di specie, nonché altre ipotesi di alterazione del cartellino marcatempo e/o di falsa attestazione della propria presenza in servizio, sono state ritenute anche penalmente perseguibili, dando luogo a condanne in sede penale per i reati di truffa e anche di falso in atto pubblico, ove beninteso il lavoratore possegga il necessario requisito soggettivo per la configurazione di tale secondo reato.

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