18 Gennaio 2022
Un’importante riforma in materia di ammortizzatori sociali, che amplia l’area di intervento sia della cassa integrazione, sia dei fondi sostitutivi, è stata inserita nell’ultima legge di Bilancio approvata dal Parlamento.
La riforma prevede alcuni interventi fondati su un principio di “universalismo differenziato”, assicurando una protezione a tutti i lavoratori e datori di lavoro che abbiano subìto una contrazione dell’attività lavorativa, tenendo comunque conto delle diverse caratteristiche settoriali e delle dimensioni aziendali.
L’obiettivo dichiarato è quello di fronteggiare le instabilità del mercato causate dall’emergenza pandemica in corso e supportare le transizioni occupazionali, garantendo – in particolare – una maggiore tutela nei confronti dei datori di lavoro e dei lavoratori che siano stati “colpiti” da una riduzione o una sospensione dell’attività lavorativa nell’anno corrente.
Al riguardo, è opportuno evidenziare sin da subito che – secondo quanto precisato dal Ministero del Lavoro con circolare n. 1 del 3 gennaio 2022 – le novità introdotte dalla manovra non trovano applicazione con riferimento alle richieste aventi ad oggetto periodi plurimensili, a cavallo degli anni 2021-2022, in cui la riduzione o la sospensione dell’attività, anche se proseguita nel 2022, sia iniziata nel 2021.
Oggetto di questo approfondimento saranno proprio i fondi sostitutivi e, in particolare, il Fondo di integrazione salariale (FIS), disciplinato dall’art. 29 d.lgs. 148/2015.
La manovra, infatti, estendendo il perimetro dei beneficiari di tale istituto, ha previsto che – a decorrere dal 1° gennaio 2022 – siano soggetti alla disciplina del FIS tutti i datori di lavoro che occupano almeno un dipendente, appartenenti a settori, tipologie e classi dimensionali non coperte da CIGO-CIGS, né dai fondi di solidarietà bilaterali.
Da tale data, pertanto, viene introdotto un vero e proprio obbligo per tutte le aziende (non rientranti nell’ambito della cassa integrazione) che occupano anche solo un dipendente di aderire al fondo di solidarietà bilaterale di settore costituito dalle parti negoziali o, qualora inesistente, al fondo gestito dall’INPS (per l’appunto, il FIS).
La legge prevede che l’assegno di integrazione salariale – in relazione alle suddette causali di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa previste dalla normativa vigente in materia di integrazioni salariali ordinarie – sia riconosciuto, per periodi di sospensione o riduzione dell’attività decorrenti dal 1°gennaio 2022, per una durata massima di:
– 13 settimane in un biennio mobile, ai datori di lavoro che, nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, abbiano occupato mediamente fino a cinque dipendenti;
– 26 settimane in un biennio mobile, ai datori di lavoro che, nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, abbiano occupato mediamente più di cinque dipendenti.
Nell’operare tale modifica, il Legislatore ha tuttavia disposto un incremento dell’aliquota di finanziamento del fondo, la quale sarà pari allo 0,50% per i datori di lavoro che, nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, abbiano occupato mediamente fino a cinque dipendenti, ed allo 0,80% per i datori di lavoro che, nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, abbiano occupato mediamente più di cinque dipendenti.
Tali aliquote, tuttavia, opereranno a regime dal 2023, in quanto nella manovra è espressamente precisato che, per il 2022, le stesse saranno temporaneamente ridotte di:
– 0,350 punti percentuali per i datori di lavoro che, nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, abbiano occupato mediamente fino a cinque dipendenti;
– 0,250 punti percentuali per i datori di lavoro che, nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, abbiano occupato mediamente più di cinque dipendenti e fino a quindici dipendenti;
– 0,110 punti percentuali per i datori di lavoro che, nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, abbiano occupato mediamente più di quindici dipendenti;
– 0,560 punti percentuali per le imprese esercenti attività commerciali, comprese quelle della logistica e le agenzie di viaggio e turismo, inclusi gli operatori turistici, che, nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, abbiano occupato mediamente più di cinquanta dipendenti.
Resta comunque ferma la contribuzione addizionale (pari a 4% della retribuzione persa), a carico dei datori di lavoro, connessa all’utilizzo delle prestazioni in questione.
Infine, a decorrere dal 1° gennaio 2025, per i datori di lavoro che occupino mediamente fino a cinque dipendenti che non abbiano presentato domanda di assegno di integrazione salariale per almeno 24 mesi a far data dal termine del periodo di fruizione del trattamento, l’aliquota sarà ridotta in misura pari al 40%.