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La legge di Stabilità rilancia il welfare aziendale (ed il ruolo dei sindacati)

29 Gennaio 2016

Le novità in materia di welfare aziendale, introdotte dalla cd. Legge di Stabilità 2016 (l. n. 208/15), sembrano rispondere all’esigenza (manifestata da più fronti) di favorire il rilancio della contrattazione collettiva (di ogni livello), arenata da anni a causa della difficoltà per le parti sociali di trovare soluzioni condivise in grado di garantire, da un lato, retribuzioni adeguate (in linea con il precetto costituzionale di cui all’art. 36), senza comportare, dall’altro, oneri insostenibili per i datori di lavoro.

Se, a livello nazionale, l’impulso a rimettere mano alla contrattazione collettiva è arrivato dalla Consulta (che, con la nota sentenza n. 178/15 , ha dichiarato l’illegittimità, per il futuro, del blocco degli stipendi disposto per la pubblica amministrazione), l’attuale intervento del legislatore mira, invece, a favorire la contrattazione aziendale, strumento certamente più idoneo ad operare quel contemperamento degli opposti interessi cui si accennava, in quanto in grado di tenere conto di tutte le peculiari situazioni ed esigenze delle parti.
Allo scopo, il legislatore ha scelto di ampliare il novero delle eccezioni al principio cd. di omnicomprensività della retribuzione da considerare imponibile – fiscalmente e (per un altro principio, quello della armonizzazione delle basi fiscali e contributive) anche previdenzialmente – modificando l’art. 51 del Tuir.
La citata disposizione prevede, come noto, che “il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”.

Storicamente, sono sempre stati esclusi dalla nozione di reddito da lavoro, unicamente, i contributi previdenziali ed assistenziali, i contributi versati a casse sanitarie per un importo complessivo non superiore ad € 3.615,20, la mensa e i buoni pasto (nel limite giornaliero di € 5,29 per quelli cartacei e di € 7,00 per quelli elettronici) e le prestazioni di trasporto collettivo. La legge di Stabilità, al fine di perseguire le finalità sopra evidenziate, ha previsto tre ulteriori ipotesi di esclusione dalla base imponibile:
1) l’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo (e questa è la prima novità) o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell’art. 12 Tuir (coniuge, figli o in mancanza i discendenti prossimi, genitori o in mancanza ascendenti prossimi, generi e nuore, suoceri, fratelli) per le finalità di cui all’art. 100 Tuir (art. 51, lett. f), ossia: “educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale, e sanitaria o culto” (attraverso, ad esempio, asili, campi da gioco, palestre, piscine, prestazioni sanitarie o assistenziali, teatri, luoghi di culto, etc. messe a disposizione dei lavoratori e dei loro familiari);
2) le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro per la fruizione, da parte dei familiari dei dipendenti, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi (corsi di nuoto, basket, inglese, etc.), nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e borse di studio a favore dei medesimi familiari (art. 51, lett. f bis);
3) le somme e le prestazioni erogate dal datore di lavoro per la fruizione dei servizi di assistenza a familiari anziani o non autosufficienti (art. 51, lett. f ter).
Si tratta di una vasta casistica che consentirebbe di rispondere ai bisogni reali ed attuali delle famiglie, essendo servizi rivolti non solo ai lavoratori, ma anche ai loro familiari e consentendo, per di più, nelle ipotesi descritte sub n. 2 e 3 addirittura di poter ottenere il rimborso di quanto eventualmente speso dai dipendenti per le citate finalità, o di usufruire della prestazione prescelta attraverso l’erogazione di sussidi o premi.

Le somme, le prestazioni o l’utilizzo delle opere individuate dall’art. 51 lett. f), f bis) ed f ter) del Tuir non concorrono a formare reddito imponibile a prescindere dal loro valore: le condizioni previste per la loro defiscalizzazione sono, unicamente, che le stesse siano rivolte alla generalità dei lavoratori o a categorie di dipendenti (non possono, quindi, essere il frutto di un accordo individuale) e devono essere destinate ai familiari previsti dall’art. 12 del Tuir sopra elencati.
Il co. 184 della l. n. 208/2015 ha, inoltre, previsto la possibilità per i dipendenti di trasformare in tutto o in parte, il premio di produttività (eventualmente introdotto da accordi di secondo livello, la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione e che, generalmente, forma oggetto di detassazione) in welfare aziendale, usufruendo così del più ampio beneficio fiscale.

In sostanza (con modalità e limiti che, verosimilmente, spetterà alla contrattazione collettiva, ovvero ai regolamenti aziendali, chiarire) i lavoratori che avranno diritto al suddetto premio potranno scegliere se:
– percepire il premio in denaro (con applicazione dell’aliquota fiscale del 10%, a condizione, ovviamente, che il lavoratore abbia diritto alla suddetta agevolazione in base al reddito dell’anno precedente e nel limite massimo di € 2.000 o € 2.500 per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro);
– scegliere, in sostituzione integrale o parziale dell’importo in denaro del premio, di fruire del corrispettivo in servizi, opere o prestazioni rientranti nella nozione di welfare aziendale ai sensi del citato art. 51, co. 2, Tuir, ove istituiti dal datore di lavoro, senza alcun prelievo fiscale (o contributivo).
A titolo esemplificativo: se il lavoratore ha diritto ad un premio di importo pari ad € 350 potrà scegliere se avere € 315 in busta paga (al netto del prelievo fiscale del 10%), ovvero se usufruire di € 350 (non tassati) in servizi, prestazioni, voucher o rimborsi eventualmente introdotti dal datore di lavoro con le finalità di cui alla legge di Stabilità.
Sebbene solo il tempo sarà in grado di rivelare il successo di una simile iniziativa, è fuor di dubbio che la novella legislativa in commento rappresenti uno strumento potenzialmente idoneo a garantire ai lavoratori una retribuzione sostanzialmente superiore (anche nel caso in cui i rinnovi economici fossero esigui, tenuto conto anche della crescita nulla dell’inflazione, o tardassero comunque ad essere sottoscritti), con il vantaggio per il datore di lavoro di veder accrescere la soddisfazione di dipendenti ed organizzazioni sindacali senza subire l’aggravio dell’onere contributivo sui servizi concessi.

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