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La giurisprudenza di merito sul diritto di precedenza dei lavoratori a termine

6 Aprile 2021

Degna di interesse è la recente sentenza del Tribunale di Sassari del 15 dicembre 2020, con la quale il Giudice designato, fornendo una condivisibile interpretazione, delinea la portata del diritto di precedenza dei lavoratori a termine ad essere assunti a tempo indeterminato, ai sensi dell’art. 24 del d.lgs 81/2015, nella particolare ipotesi in cui il datore di lavoro non abbia assunto nuovi lavoratori a tempo indeterminato ma abbia stabilizzato dei dipendenti che già lavoravano con contratto a tempo determinato.

Prima di addentrarsi nel ragionamento interpretativo svolto con la suddetta decisione, si rammenta che, l’art. 24 del d.lgs 81/2015, dispone che “il lavoratore che nell’esecuzione di uno o più contratti presso la medesima azienda, abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi, ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i dodici mesi successivi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine”.

Secondo il Giudice Sardo, una interpretazione teleologica della suddetta norma dovrebbe indurre a ritenere che il legislatore abbia voluto circoscrivere il diritto di precedenza alle sole ipotesi in cui il datore di lavoro proceda ad una nuova assunzione a tempo indeterminato e non anche nel caso di cui abbia stabilizzato lavoratori con contratto a tempo determinato, atteso che la ratio dell’art. 24 d.lgs 81/2015 è quella di favorire la stabilizzazione dei lavoratori precari, offrendo loro una speciale tutela.

Secondo il Tribunale di Sassari, infatti, non può trascurarsi che la norma che fonda il diritto di precedenza pone, eccezionalmente, una limitazione alla sfera di libertà del datore di lavoro, per cui non può essere interpretata estensivamente, rigettando così la tesi del lavoratore volta ad ampliare l’ambito di operatività dell’art. 24 d.lgs. n. 81 del 2015 anche alla trasformazione dei rapporti di lavoro a termine in rapporti a tempo indeterminato.

Il Giudice, al fine di sostenere la correttezza della suddetta tesi, ha valorizzato la locuzione utilizzata dal legislatore “assunzioni a tempo indeterminato”, al fine di dimostrare che con tale espressione quest’ultimo ha voluto descrivere il momento genetico di un rapporto di lavoro che prima non esisteva (neppure a tempo determinato), segnalando altresì che, nel linguaggio giuslavoristico, quando il legislatore descrive il fenomeno della trasformazione di un contratto a termine in un contratto a tempo indeterminato, non utilizza mai l’espressione “assunzione” ma, semmai, conversione o trasformazione, come dimostrano alcune scelte lessicali presenti nel d.lgs n. 23 del 2015.

In particolare, il Decidente evidenzia che nel suddetto provvedimento normativo, all’art. 1, il legislatore – al fine di delineare il campo di applicazione delle nuove disposizioni in tema di licenziamento – sceglie il criterio cronologico dell’assunzione, precisando che le nuove disposizioni si applichino ai lavoratori “assunti” con contratto a tempo indeterminato con decorrenza dalla data di entrata in vigore del decreto, aggiungendo, al secondo comma, che “le disposizioni del decreto si applicano anche ai casi di conversione, successiva all’entrata in vigore del presente decreto, di contratto a tempo determinato”, ciò confermando che i termini “assunzione” e “conversione” non sono stati utilizzati indistintamente come se avessero lo stesso significato.

Inoltre, il Giudice ritiene che la suddetta interpretazione restrittiva risulta ulteriormente confortata dalla circostanza che l’assunzione e la conversione descrivono due momenti del rapporto di lavoro ontologicamente diversi, atteso che l’assunzione implica che il lavoratore mai prima di allora ha intrattenuto rapporti lavorativi con il proprio nuovo datore di lavoro, mentre la conversione è una fattispecie che coinvolge due parti già legate da un rapporto contrattuale che decidono di mutare il loro regolamento negoziale mediante uno nuovo.

Alla luce dei suddetti rilievi, secondo il Giudice Sardo, l’interpretazione estensiva del concetto di “assunzioni a tempo indeterminato” non può comprendere anche quello di conversione, in quanto si giungerebbe a riconoscere il diritto di precedenza anche in caso di conversione ottenendo un risultato contrario alla volontà del legislatore di favorire le stabilizzazione (producendo di fatto un risultato inverso) e andrebbe, al contempo, a comprimere ulteriormente la libertà di iniziativa imprenditoriale.

La suddetta decisione (una delle poche che si registra sull’argomento) ha il merito di fare luce sui dubbi sorti all’indomani delle indicazioni fornite dal Ministero del Lavoro (con l’interpello n. 7/2016) il quale aveva stabilito che  «in considerazione del fatto che il diritto di precedenza viene esercitato previa manifestazione espressa per iscritto da parte del lavoratore, si deve ritenere che, in mancanza o nelle more della stessa, il datore di lavoro possa legittimamente procedere alla assunzione di altri lavoratori o alla trasformazione di altri rapporti di lavoro a termine in essere. Ciò, evidentemente, sia nelle ipotesi in cui il contratto a termine di durata superiore a sei mesi sia cessato, che nel caso in cui il contratto a termine, una volta trascorsi i sei mesi, risulti ancora in corso».

Quanto sopra, infatti, aveva fatto sorgere alcune perplessità proprio sulla possibilità per il datore di lavoro di procedere alla trasformazione a tempo indeterminato dei rapporti a termine in essere, in presenza di comunicazioni di lavoratori a tempo determinato che avevano esercitato il diritto di precedenza.

Tuttavia, la più attenta dottrina aveva sin da subito rilevato che – fermo restando il divieto di comportamenti datoriali preordinati esclusivamente ad aggirare la disciplina di cui all’art. 24 cit. (attesa la necessità di attenersi sempre ai canoni della buona fede e correttezza) – non possono essere considerate nuove assunzioni né le trasformazioni senza soluzione di continuità di contratti a termine né tanto meno la mera prosecuzione di contratti di apprendistato al termine del periodo di formazione e, proprio con specifico riferimento al diritto di precedenza nei contratti a termine, aveva concluso sostenendo che non si potesse accampare un diritto di precedenza qualora il datore di lavoro avesse provveduto a trasformare un contratto a termine in corso in un rapporto a tempo indeterminato, in quanto non si tratta di una nuova assunzione, ma di trasformazione di un rapporto in essere.

Ebbene, la pronuncia in esame conferma la suddetta tesi dottrinale, fornendo una lineare soluzione dei dubbi interpretativi sorti con riferimento alla portata dell’art. 24 del d.lgs 81/2015.

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