22 Gennaio 2019
Con la recente sentenza n. 32607 del 17 dicembre 2018 la Cassazione modifica radicalmente il proprio orientamento sull’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori, attribuendo il termine di cinque giorni (previsto dal comma quinto del suddetto articolo) all’invio da parte del lavoratore delle proprie controdeduzioni e non alla data in cui queste pervengono effettivamente al datore di lavoro.
Tale pronuncia si pone in netto contrasto con il principio che sino ad oggi era applicato in casi analoghi a quello oggetto della sentenza in esame, secondo il quale «l’art. 7, comma quinto, della legge n. 300 del 1970 individua il termine entro il quale le eventuali difese del lavoratore devono pervenire al datore di lavoro, termine che non può ritenersi rispettato quando, pur avendo il lavoratore inviato le proprie istanze prima del suo decorso, la ricezione delle richieste e controdeduzioni – che hanno natura di atto unilaterale recettizio e producono i loro effetti solo dal momento in cui pervengono al destinatario – avvenga in data successiva» (cfr. ex multis Cass. 7096/12; Cass. 10106/96).
Grazie al suddetto principio si evitava che i tempi del procedimento disciplinare venissero eccessivamente dilatati dall’influenza di fattori esterni, quali, ad esempio, i ritardi del servizio postale.
Peraltro, proprio su questo assunto buona parte dei contratti collettivi prevedono che la conclusione dell’iter disciplinare decorra dalla scadenza del termine previsto per presentare controdeduzioni, con la conseguenza che, come recentemente ricordato dalla Cassazione (cfr. precedente news), un eventuale licenziamento irrogato successivamente comporterebbe la reintegra del lavoratore.
Nonostante questo consolidato orientamento, gli Ermellini, ribaltando l’esito del giudizio condiviso da entrambe le corti di merito, hanno preso posizione in senso radicalmente opposto, ritenendo che il termine per presentare le controdeduzioni vada riferito all’invio delle stesse e non alla loro recezione da parte del datore di lavoro, confutando così la natura di atto unilaterale recettizio (ex artt. 1334-1335 cc) delle giustificazioni fornite per iscritto dal lavoratore.
In particolare, la Corte ha affermato che se la decadenza dalle giustificazioni fosse riferita al momento della ricezione, ritenendo tardive le giustificazioni inviate nei termini ma ricevute successivamente, si avrebbe un’ingiustificata compressione del diritto di difesa del lavoratore in quanto non sarebbe garantito l’effettivo contraddittorio tra le parti.
A sostegno di questo orientamento la Cassazione ha richiamato alcuni precedenti nei quali veniva effettivamente presa in considerazione la sola data di invio del documento, ancorché riferiti a provvedimenti di altra natura (licenziamento ed impugnazione stragiudiziale dello stesso) che non presuppongono, tuttavia, una risposta immediata da parte del soggetto che li riceve.
Il caso in commento, pertanto, introduce notevoli elementi di incertezza in quanto il datore di lavoro può trovarsi costretto ad attendere le controdeduzioni del lavoratore ben oltre il termine di cinque giorni previsto dall’art. 7 l. 300/70, con il rischio di vedersi annullare un’eventuale sanzione irrogata oltre il termine indicato dal contratto collettivo.
In tal senso, per concludere un procedimento disciplinare nel quale non siano pervenute controdeduzioni nel termine dei cinque giorni, sarà opportuno attendere l’approssimarsi dell’eventuale periodo indicato dalla contrattazione collettiva per irrogare il provvedimento disciplinare.
In tal modo si potrà ridurre al minimo il rischio di incorrere in decadenze (con tutte le conseguenze del caso) salvaguardando al contempo il più possibile il diritto di difesa del lavoratore, così come inteso dalla più recente Cassazione.