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Jobs Act e fruizione del congedo parentale ad ore

8 Settembre 2015

Con il decreto legislativo n. 80 del 15 giugno 2015 – attuativo della delega contenuta nel Jobs Act – il Governo è intervenuto sull’art. 32 del d.lgs. n. 151/2001 (c.d. T.U. maternità/paternità), modificandolo ulteriormente rispetto a quanto già disposto dalla legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013).

Come noto la suddetta legge di stabilità per il 2013 – modificando, appunto, l’originaria formulazione dell’art. 32 T.U. maternità/paternità – aveva già introdotto la possibilità per i genitori lavoratori dipendenti di fruire del congedo parentale su base oraria, rinviando tuttavia alla contrattazione collettiva di settore la disciplina delle concrete modalità di utilizzo.
Peraltro, il Ministero del Lavoro – con successivo interpello del 22 luglio 2013 n. 25 – aveva chiarito che, in assenza nella norma in questione di un esplicito riferimento al “livello nazionale” della contrattazione collettiva – la regolamentazione del godimento frazionato ad ore potesse avvenire a qualsiasi livello di contrattazione, ossia anche di secondo livello.
Il decreto legislativo n. 80/2015 – oltre a prevedere l’ampliamento sia del periodo entro il quale è possibile fruire del congedo in argomento (dai primi 8 anni di vita del bambino si è passati ai primi 12 anni) sia del periodo entro il quale il congedo è indennizzabile a prescindere dal reddito (da 3 a 6 anni del bambino) – ha inserito il comma 1 – ter all’art. 32 citato, introducendo in tal modo un criterio generale di fruizione su base oraria che trova attuazione in assenza di contrattazione collettiva (anche di livello aziendale) sul punto.

In sostanza, in virtù di tale novità normativa, in difetto di una specifica regolamentazione collettiva, «ciascun genitore può scegliere (ndr liberamente) tra la fruizione giornaliera e quella oraria», ed in particolare la fruizione ad ore è consentita «in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale».
L’INPS, con circolare n. 152 del 18 agosto 2015, ha chiarito, da un lato, che la modalità di fruizione oraria non modifica la durata del congedo parentale e, pertanto, rimangono invariati i limiti complessivi ed individuali entro i quali i genitori lavoratori dipendenti possono assentarsi dal lavoro a tale titolo, e, dall’altro, che «giornate o mesi di congedo parentale possono alternarsi con giornate in cui il congedo parentale è fruito in modalità oraria, nei limiti eventualmente stabiliti dalla contrattazione collettiva».
Peraltro, la riforma in argomento – come ribadito dall’INPS nella citata circolare – prevede espressamente che qualora trovi applicazione il criterio generale di fruizione del congedo parentale ad ore è esclusa la cumulabilità del congedo stesso con permessi o riposi disciplinati dal medesimo T.U. sulla maternità/paternità.
In ordine a tale profilo della cumulabilità, l’INPS – con la circolare n. 152/2015 – ha chiarito che la fruizione su base oraria è, invece, compatibile con permessi o riposi disciplinati da diverse disposizioni normative, quali, ad esempio, i permessi di cui all’art. 33, commi 2 e 3, della legge n. 104/1992, precisando altresì che «rimane fermo che la contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, nel definire le modalità di fruizione del congedo parentale può prevedere diversi criteri di compatibilità».

In merito alle modalità operative di presentazione della domanda di congedo parentale ad ore, l’INPS precisa che la stessa – come già avviene per il congedo a giorni – deve essere presentata all’Istituto previdenziale prima dell’inizio del medesimo (al limite anche lo stesso giorno di inizio), atteso che su tale regola non incidono i diversi e nuovi termini di preavviso introdotti dal novellato art. 32, 3 comma, del T.U. sulla maternità/paternità, i quali afferiscono appunto solo al rapporto fra lavoratore/datore di lavoro.
In particolare, ai sensi della suddetta norma, il genitore, «salvo i casi di oggettiva impossibilità», dovrà comunicare al proprio datore la volontà di beneficiare del congedo in argomento «secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi e, comunque, con un termine di preavviso non inferiore a cinque giorni indicando l’inizio e la fine del periodo di congedo. Il termine di preavviso è pari a 2 giorni nel caso di congedo parentale su base oraria.».
In ogni caso, nella circolare in esame, l’INPS, in considerazione della complessità della materia ed al fine di agevolare le procedure connesse a tale tematica, da un lato, ha messo a disposizione sul proprio sito istituzionale una specifica applicazione per consentire ai lavoratori la presentazione della domanda e, dall’altro, ha fornito ai datori di lavoro le prime indicazioni operative per il conguaglio della prestazione.

In conclusione – ferma restando la natura sperimentale della riforma (la quale risulta attualmente in vigore per i periodi di congedo parentale fruiti dal 25 giugno 2015 al 31 dicembre 2015, salva l’adozione di ulteriori decreti legislativi) – si evidenzia che, allo stato, in difetto di uno specifico accordo collettivo (finanche a livello aziendale), troveranno necessariamente applicazione i criteri generali di fruizione dell’istituto in argomento (in termini di obbligo per il datore di lavoro ad accogliere la richiesta presentata in tal senso dal dipendente, di quantificazione del preavviso, di cumulabilità con altri permessi, ecc.) come previsti dalla vigente normativa nonchè dalla recente circolare INPS n. 152/2015.

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