3 Ottobre 2015
La disciplina del contratto a termine – già oggetto della precedente nota del 27 giugno 2014 – risulta di rinnovato interesse in considerazione della revisione normativa attuata dal decreto legislativo n. 80 del 15 giugno 2015 (attuativo della delega contenuta nel Jobs Act), con cui il Governo è intervenuto su tale istituto.
In particolare, tra le altre modifiche, il decreto è intervenuto nuovamente sul diritto di precedenza, modificandolo ulteriormente rispetto a quanto già disposto dalla legge n. 78/14.
In tal senso, l’art. 24, 1° comma, del d.lgs. n. 81/15 attualmente dispone che «Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi, il lavoratore che, nell’esecuzione di uno o più contratti a tempo determinato presso la stessa azienda, ha prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine. »
Il legislatore, pertanto, ha previsto che la contrattazione collettiva (che, ai sensi dell’art. 51 del medesimo decreto, può essere di livello nazionale, territoriale o aziendale) possa individuare anche termini temporali diversi dai sei mesi normativamente previsti.
Pertanto, in difetto di una diversa regolamentazione collettiva nei termini suindicati, il diritto di precedenza nasce per futura assunzione a tempo indeterminato per le stesse mansioni a condizione del superamento del limite dei sei mesi (in virtù di uno o più precedenti contratti a termine presso la stessa azienda) e si estingue decorso un anno dalla data di cessazione del rapporto.
Peraltro, il 2° comma del citato articolo 24 precisa che, ai fini del raggiungimento della soglia minima dei sei mesi, possono essere computati tutti i periodi di congedo per maternità di cui al Capo III del d.lgs. n. 151/01 e che alle lavoratrici che beneficiano di tali congedi viene riconosciuto un diritto di precedenza «nelle assunzioni a tempo determinato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi, con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei precedenti rapporti a termine».
Inoltre – pur confermando l’obbligo, ai sensi del successivo comma 4 dell’art. 24 citato, di richiamare espressamente nella lettera di assunzione l’esistenza del diritto di precedenza – la norma precisa che l’eventuale omissione di tale riferimento non incide nè sulla validità del rapporto lavorativo instaurando nè sull’insorgere del diritto in argomento, il cui legittimo esercizio è subordinato (sotto il profilo formale) solo alla manifestazione della volontà in tal senso espressa dal lavoratore, per iscritto ed entro sei mesi dalla cessazione del rapporto lavorativo.
Ad ogni modo, si ritiene, in ogni caso, opportuno inserire tale informativa nelle lettere di assunzione (sia pure con il sintetico riferimento al 4° comma dell’art. 24 del d.lgs. n. 81/2015), atteso che non può escludersi che, in caso contrario, il lavoratore possa imputare all’assenza di informativa da parte del datore di lavoro il mancato esercizio del diritto di precedenza.
Peraltro, risulta ancora una volta – come nel vigore della precedente normativa – del tutto omessa l’indicazione dei criteri da utilizzare per la concreta individuazione del soggetto da assumere nell’ambito della platea di coloro che abbiano correttamente e tempestivamente manifestato la volontà di esercitare tale diritto.
In tal senso, si conferma l’opportunità di adottare criteri il più possibile obiettivi e verificabili (come già indicato nella precedente nota del 27 giugno 2014), anche attraverso la concertazione con le OO.SS.a livello locale.
Quanto alla possibilità di esercizio del diritto di precedenza anche da parte del lavoratore che si sia dimesso ante tempus (ossia prima della naturale scadenza del contratto a termine), nel silenzio della norma, è intervenuta una recente risposta ad interpello dell’INPS.
L’istituto – affrontando la questione anche dal punto di vista dell’applicabilità alle ipotesi di riassunzione del medesimo lavoratore dimesso dei benefici contributivi previsti dall’art. 8, comma 9, della legge n. 407/1990 – ha sostanzialmente espresso parere positivo al quesito posto, affermando che nel caso in cui «…. il lavoratore si dimetta ed il datore di lavoro abbia intenzione di assumere un altro lavoratore …, proprio per evitare che il datore di lavoro che intenda assumere sia eccessivamente penalizzato dall’esistenza di una precedente dimissione, è necessaria, per far valere il diritto alla riassunzione, la manifestazione dell’interesse. Se questa manca il datore di lavoro è libero di assumere un altro lavoratore».