30 Novembre 2018
Il Ministero del Lavoro, in data 24 ottobre 2018, ha risposto ad un quesito in materia di lavoro intermittente.
In particolare, è stato chiesto al Ministero di chiarire se “nel caso in cui venga effettuato lavoro straordinario eccedente le 40 ore settimanali” sia possibile erogare al lavoratore intermittente la sola retribuzione relativa al lavoro ordinario e non anche la maggiorazione per il lavoro straordinario.
Sul punto si deve rammentare che il d.lgs. n. 66/2003 contenente la disciplina in materia di organizzazione dell’orario di lavoro, non prevede invero un limite massimo giornaliero all’orario lavorativo ma si limita a stabilire – all’art.4 – che “la durata media dell’orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario”, nonché – all’art. 5 – che “in difetto di disciplina collettiva applicabile, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso soltanto previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore per un periodo che non superi le duecentocinquanta ore annuali”.
Pertanto, in caso di lavoratore intermittente occorrerà preliminarmente verificare se sussistano, in concreto, i presupposti perché l’orario di lavoro svolto possa configurarsi quale “straordinario”.
Ove così fosse, il Ministero, con l’interpello in commento, ha precisato che non si può prescindere dall’applicazione delle disposizioni in materia di lavoro straordinario.
Ciò in quanto la disciplina sul lavoro intermittente contenuta nel d.lgs. n. 81/2015 prevede che tale tipologia di prestazione debba essere regolata dal principio di non discriminazione, per cui il lavoratore non può ricevere, per i periodi lavorati e a parità di mansioni svolte, un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore subordinato di pari livello.
Peraltro, anche la precedente circolare ministeriale n. 4/2005, nel fornire i primi chiarimenti e indicazioni operative con riferimento alla previgente disciplina del lavoro intermittente, aveva evidenziato come tale tipologia contrattuale – pur lasciando all’autonomia contrattuale delle parti la determinazione dell’orario di lavoro e della collocazione temporale della prestazione lavorativa, coerentemente con la particolare impostazione flessibile del contratto – sia pur sempre un contratto di lavoro dipendente e, come tale, assoggettato all’ordinaria normativa sull’orario di lavoro.