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Illegittimo mantenere l’account di posta elettronica dell’ex collaboratore

12 Aprile 2023

Il Garante della Privacy, con il recente provvedimento n. 8 dell’11 gennaio 2023, è tornato a pronunciarsi sui limiti del datore di lavoro nella gestione della posta elettronica dei propri dipendenti, sanzionando un’azienda per aver mantenuto attivo l’account di un proprio ex collaboratore con lo scopo di non disperdere informazioni utili per l’acquisizione di nuova clientela.

Il caso esaminato dalla Autorità per la protezione dei dati personali riguardava un collaboratore che, prima dell’interruzione del rapporto di lavoro con una società, aveva raccolto nell’interesse di quest’ultima i riferimenti di potenziali clienti incontrati presso una fiera, avvalendosi di una e-mail aziendale aperta per l’occasione.

In sede di istruttoria, era emerso che la società, nel timore di perdere i rapporti con i possibili clienti contattati dall’ex collaboratore, aveva mantenuto attivo l’account di posta elettronica assegnato a quest’ultimo, prendendone visione del contenuto, tant’è che, al fine di dimostrare in sede di contenzioso lo sviamento di clientela, aveva prodotto in giudizio i messaggi di posta inviati dal citato account.

Rispetto a tale vicenda, il Garante ha affermato che la condotta della società non era supportata da un idoneo criterio di legittimazione, tenuto conto che, al fine di realizzare un adeguato bilanciamento degli interessi in gioco (ossia la necessità di prosecuzione dell’attività economica del titolare e il diritto alla riservatezza dell’interessato), avrebbe potuto attivare un sistema di risposta automatico per fornire indirizzi alternativi ai quali contattare il titolare.

La problematica relativa all’accesso del datore di lavoro alla mail aziendale del dipendente non è certamente inedita, atteso che il Garante si è espresso molte volte su tale materia (cfr. provv. n. 440/2021).

L’opzione da tempo fatta propria dall’Autority, tuttavia, è decisamente rigida e, secondo molti, eccessivamente sbilanciata in favore della tutela dei dati personali.

È nota, in proposito, la posizione espressa dalla stessa Corte Europea dei diritti dell’Uomo, la quale, lungi dall’impedire ogni controllo sulla posta elettronica del dipendente, con la sentenza del 5 settembre 2017 (Barbulescu c. Romania), più volte citata dallo stesso Garante, ha ritenuto compatibile con la CEDU una normativa nazionale che consenta un simile monitoraggio, a condizione che il lavoratore ne sia stato informato e che siano rispettati i principi di ragionevolezza e proporzionalità.

Per di più, la tematica mal si presta a soluzioni monolitiche, soprattutto nell’attuale contesto caratterizzato da una rapida evoluzione e diffusione di molteplici sistemi di comunicazione, la cui radicale esclusione dal potere di controllo aziendale potrebbe ostacolare seriamente la gestione imprenditoriale e, quindi, la stessa libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 della Costituzione.

È ovvio che si tratta di un tema sensibile, visto il delicato rapporto (ed il sottile confine) tra il legittimo potere di controllo del datore di lavoro ed il diritto alla tutela dei dati personali del dipendente.

Sarebbero, tuttavia, necessari interventi (normativi ed interpretativi) maggiormente aderenti alla realtà.

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