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Il trattamento dei dati da parte del datore di lavoro nell’ambito dell’emergenza da Covid-19

8 Maggio 2020

Il 6 maggio scorso il Garante per la protezione dei dati personali (Garante Privacy) ha pubblicato le proprie FAQ sulle problematiche connesse all’emergenza Coronavirus in vari ambiti: sanità, lavoro, scuola, ricerca, enti locali.

Per quanto attiene, in particolare, al trattamento dei dati nel contesto lavorativo privato, il Garante Privacy è intervenuto su alcuni temi assai dibattuti, quale ad esempio la possibilità per il datore di rilevare la temperatura corporea del personale dipendente o di utenti e visitatori all’ingresso della propria sede di lavoro.

Sul punto, il Garante – richiamando il Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro tra Governo e parti sociali del 14 marzo 2020, per come aggiornato dal successivo Protocollo del 24 aprile u.s., che prevede tale possibilità in capo al datore di lavoro – ha precisato tuttavia che non è ammessa la registrazione del dato relativo alla temperatura corporea rilevata, bensì è consentita la registrazione della sola circostanza del superamento della soglia stabilita dalla legge (37,5°) ove ciò sia necessario a documentare le ragioni che hanno impedito l’accesso al luogo di lavoro. Diversamente, nel caso in cui la temperatura corporea venga rilevata a clienti o visitatori occasionali, anche qualora risulti superiore alla suddetta soglia, non è, di regola, necessario registrare il dato relativo al motivo del diniego di accesso.

Di non minore interesse, l’intervento del Garante in ordine alla possibilità di richiedere ai propri dipendenti di rendere informazioni, anche mediante un’autodichiarazione, in merito all’eventuale esposizione al contagio da Covid-19 quale condizione per l’accesso alla sede di lavoro.

Al riguardo, il Garante – dopo aver rilevato che il d.lgs. 81/08 (in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) prevede per il dipendente uno specifico obbligo di segnalare al datore di lavoro qualsiasi situazione di pericolo per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro – evidenzia come la recente normativa emergenziale ha disposto la preclusione dell’accesso alla sede di lavoro a chi, negli ultimi 14 giorni, abbia avuto contatti con soggetti risultati positivi al Covid-19 o provenga da zone a rischio secondo le indicazioni dell’OMS.

In ragione di quanto sopra, ed in forza di quanto previsto dal citato Protocollo del 14 marzo u.s., è dunque possibile richiedere una dichiarazione che attesti tali circostanze anche a terzi (es. visitatori e utenti), con la precisazione tuttavia che dovranno essere raccolti solo i dati necessari, adeguati e pertinenti rispetto alla prevenzione del contagio da Covid-19, dovendosi astenere il datore di lavoro dal richiedere informazioni aggiuntive in merito alla persona risultata positiva, alle specifiche località visitate o altri dettagli relativi alla sfera privata.

Altro tema spinoso affrontato nelle FAQ in esame è quello relativo al trattamento dei dati personali da parte del Medico Competente, soggetto particolarmente coinvolto nell’attuale fase emergenziale.

Ebbene, il Garante conferma che quest’ultimo non può – anche nell’emergenza – informare il datore di lavoro circa le specifiche patologie occorse ai lavoratori. Pertanto, pur nell’attuale contesto di emergenza, gli adempimenti connessi alla sorveglianza sanitaria sui lavoratori da parte del Medico Competente – che potrà anche sottoporre i lavoratori a visite straordinarie, tenuto conto della maggiore esposizione al rischio di contagio degli stessi – devono essere effettuati nel rispetto dei principi di protezione dei dati personali e rispettando le misure igieniche contenute nelle indicazioni del Ministero della Salute.

Il Medico Competente – chiamato a collaborare con il datore di lavoro e il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) per proporre tutte le misure di regolamentazione legate al Covid-19 – potrà tuttavia, nello svolgimento dei propri compiti di sorveglianza sanitaria, segnalare al datore di lavoro “situazioni di particolare fragilità e patologie attuali o pregresse dei dipendenti”, con ciò intendendosi che (nel rispetto delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali) egli provvede a segnalare al datore di lavoro “quei casi specifici in cui reputi che la particolare condizione di fragilità connessa anche allo stato di salute del dipendente ne suggerisca l’impiego in ambiti meno esposti al rischio di infezione”, senza tuttavia comunicare la specifica patologia eventualmente sofferta dal lavoratore.

Il Garante è intervenuto anche sulla possibilità per il datore di lavoro di comunicare al RLS o agli altri dipendenti l’identità dei lavoratori contagiati.

In entrambi i casi la risposta è negativa, rammentando il Garante come – al fine di tutelare la salute degli altri lavoratori, in base a quanto stabilito dalle misure emergenziali – spetta alle autorità sanitarie competenti informare i “contatti stretti” del contagiato, al fine di attivare le previste misure di profilassi, potendo (ed anzi dovendo) il datore di lavoro fornire alle istituzioni competenti e alle autorità sanitarie le informazioni necessarie affinché esse possano assolvere ai compiti e alle funzioni previste dalla normativa d’urgenza adottata in relazione all’attuale situazione emergenziale.

Download Il trattamento dei dati da parte del datore di lavoro nell’ambito dell’emergenza da Covid-19

 

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