12 Novembre 2021
La Suprema Corte di Cassazione con l’interessante recente ordinanza n. 27935 del 13 ottobre u.s., si è pronunciata in merito alle conseguenze derivanti dal mancato rispetto dei tempi per l’adozione dei provvedimenti disciplinari, con particolare riferimento a quanto previsto dal previgente art. 41 del ccnl ARIS/AIOP/F.D.G. per il personale non medico delle strutture sanitarie.
I Giudici di legittimità, dall’attenta analisi della suddetta norma contrattuale (che in gran parte rispecchia l’art. 42 del nuovo ccnl delle strutture di area ospedaliera, nonché l’art. 40 del ccnl Aris RSA e CdR), hanno rilevato che il mancato rispetto del termine di trenta giorni entro il quale comunicare il provvedimento disciplinare comporta unicamente delle conseguenze di carattere risarcitorio, escludendo quindi la reintegra del lavoratore.
In particolare, i Giudici, confermando la decisione assunta in fase di reclamo, hanno sostenuto che la violazione del suddetto termine – avendo natura procedurale – determinerebbe l’inefficacia del licenziamento e la condanna del datore alla sola indennità risarcitoria prevista dall’art. 18, comma 6, della legge n. 300/1970, ossia tra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
Secondo la Suprema Corte di Cassazione, infatti, è da escludere che il previgente art. 41 del ccnl indichi un termine di natura decadenziale entro il quale comunicare la sanzione disciplinare, in quanto la citata norma contrattuale si limita a richiedere che il provvedimento sanzionatorio sia adottato (e non anche comunicato) entro il termine di trenta giorni dalla contestazione.
Infatti, si legge nella suddetta ordinanza che “le parti collettive, quando hanno voluto attribuire rilievo al momento della comunicazione al lavoratore di un determinato atto hanno utilizzato il verbo inviare <<… la contestazione disciplinare deve essere inviata al lavoratore non oltre il termine di 30 giorni…>>, verbo che definisce, senza equivoci, il momento iniziale del procedimento destinato a portare a conoscenza del destinatario l’atto in oggetto”.
In ragione della suddetta argomentazione, i Giudici di legittimità hanno correttamente rilevato che la norma collettiva non prevede alcun termine entro il quale comunicare il recesso, ma unicamente un termine al di là del quale “non possa essere adottato”, il quale è sostanzialmente riferibile al momento in cui il provvedimento di licenziamento è deliberato dagli organi competenti e non anche a quello nel quale viene portato a conoscenza del lavoratore.
Pertanto, secondo la Corte di Cassazione “non è dato riscontrare nella disposizione collettiva elementi dai quali desumere la valenza sostanziale e non procedurale di eventuali ritardi nella comunicazione del recesso”.
La decisione in commento, ineccepibile dal punto di vista logico-argomentativo, è certamente rilevante ancora oggi, atteso che (come anticipato) l’art. 42 del vigente ccnl ARIS/AIOP delle strutture di area ospedaliera nonché l’art. 40 del ccnl Aris per il personale delle RSA CdR, rispecchia in gran parte quanto era previsto dall’art. 41 del ccnl previgente, continuando a richiedere che “la contestazione disciplinare deve essere inviata al lavoratore non oltre il termine di trenta giorni” e che “il provvedimento disciplinare non possa essere adottato dal datore di lavoro oltre il termine di trenta giorni dalla presentazione delle controdeduzioni da parte del lavoratore”.
Tuttavia, nonostante i condivisibili rilievi interpretativi della suddetta normativa, appare sempre opportuno (soprattutto in contesti aziendali di modeste dimensioni) anche comunicare e non solo adottare la sanzione disciplinare nel termine di trenta giorni dalla contestazione disciplinare o dalle eventuali giustificazioni del lavoratore.