19 Maggio 2023
In tema di contestazioni disciplinari, uno dei principi più importanti che devono necessariamente essere rispettati è quello della specificità degli addebiti.
Ciò non vuol dire che il contenuto delle stesse debba esplicitare ogni dettaglio ma che questo sia sufficientemente analitico così da consentire al lavoratore di articolare la miglior difesa possibile.
Su tale confine la giurisprudenza si è pronunciata molte volte – fornendo talvolta anche delle indicazioni non univoche – ma assumerà certamente un’importanza rilevante la recente pronuncia della Corte di cassazione n. 10237 del 18 aprile 2023.
Con questa sentenza, infatti, gli Ermellini hanno avuto modo di entrare nel dibattito, confermando che il requisito della specificità può ritenersi integrato anche quando nella lettera di contestazione vengano indicati dei documenti esterni (consultabili dal lavoratore) nei quali sono contenuti gli effettivi addebiti mossi al lavoratore.
In particolare, nella fattispecie esaminata dalla Suprema Corte, un dipendente del Ministero della giustizia era stato licenziato per motivi disciplinari per aver falsificato l’attestazione della propria presenza in servizio, anche attribuendosi giorni di permesso e ferie, in un momento in cui lo stesso era peraltro stato incaricato di accertare le assenze per malattia di altro personale al fine di verificare la necessità di corrispondere o meno un’indennità dovuta alla presenza.
Per tali motivazioni l’amministrazione datrice di lavoro aveva mosso una contestazione nella quale si era effettivamente fatto riferimento ad alcune note precedenti, che, ad ogni modo, erano liberamente consultabili dal lavoratore.
A fronte di tali addebiti il lavoratore aveva poi elaborato una specifica memoria di controdeduzioni che prendeva posizione anche con riferimento agli atti interni indicati all’interno della contestazione, dimostrando così l’effettività e la garanzia del proprio diritto.
Dopo questa ricostruzione, condivisa dai giudici di merito, la Corte ha rimarcato un proprio precedente (Cass. 9590/18) evidenziando che «La previa contestazione dell’addebito, necessaria nei licenziamenti qualificabili come disciplinari, ha lo scopo di consentire al lavoratore l’immediata difesa e deve conseguentemente rivestire il carattere della specificità, che è integrato quando sono fornite le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari o comunque comportamenti in violazione dei doveri di cui agli artt. 2104 e 2105 c.c.; per ritenere integrata la violazione del principio di specificità è necessario che si sia verificata una concreta lesione del diritto di difesa del lavoratore e la difesa esercitata in sede di giustificazioni è un elemento concretamente valutabile per ritenere provata la non genericità della contestazione».
Questa sentenza, ponendosi in continuità con l’orientamento della Cassazione, è certamente importante per ribadire la possibilità per il datore di lavoro di non dover necessariamente riportare tutti i dettagli della condotta all’interno della contestazione disciplinare, rischiando così di cadere in contraddizione o più semplicemente di omettere dei dettagli che potrebbero assumere rilevanza decisiva, essendo comunque possibile riportarsi a documenti esterni dai quali sia possibile evincersi il comportamento illegittimo del lavoratore.
Quel che infatti risulterà dirimente sarà il contenuto delle controdeduzioni del lavoratore, che potranno dimostrare la circostanza per cui il dipendente sia effettivamente al corrente degli accadimenti a lui imputati.
Un simile principio risulterà certamente importante anche nelle realtà sanitarie, nelle quali, oltre a questioni amministrative comparabili a quella della sentenza in esame, molti accadimenti poi contestati trovano la loro fonte all’interno di documentazione sanitaria, il cui contenuto evidentemente non può essere integralmente riportato all’interno dell’addebito.