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Il principio di tempestività ed immediatezza della contestazione disciplinare: il punto della Suprema Corte

17 Aprile 2023

In una recente pronuncia (n. 7467 del 15 marzo 2023) la Suprema Corte ha colto l’occasione per fare il punto sul principio di tempestività ed immediatezza della contestazione disciplinare precisando, in continuità con l’ormai prevalente orientamento giurisprudenziale, che tale requisito deve essere inteso in senso relativo e va valutato tenendo conto della complessità di accertamento della condotta del dipendente e/o dell’esistenza di una articolata organizzazione aziendale, avuto anche riguardo all’affidamento riposto dal datore di lavoro nella correttezza e buona fede del lavoratore. 

Alla dipendente in questione era stato contestato di aver addebitato alla società datrice di lavoro spese carburante per l’utilizzo dell’auto aziendale relativamente agli anni 2015 e 2016 non riferibili allo svolgimento dell’attività lavorativa. 

Di tale comportamento il datore di lavoro aveva avuto effettiva conoscenza – e pertanto aveva proceduto all’addebito disciplinare – solo nel gennaio 2017, in occasione delle verifiche dei conti per la chiusura del bilancio 2016. 

Il Giudice della fase sommaria (come anche quello della fase di opposizione) aveva ritenuto illegittimo il licenziamento per tardività della contestazione sul presupposto che il datore di lavoro, pur ricevendo mensilmente i giustificativi delle spese di carburante, avesse omesso di svolgere tempestivi controlli, così pregiudicando il diritto di difesa della dipendente. 

Tuttavia la Corte d’Appello ha riformato la sentenza – con conseguente declaratoria di legittimità e tempestività del licenziamento intimato – evidenziando che l’immediatezza della contestazione dovesse valutarsi avendo riguardo non al verificarsi dei fatti contestati bensì al momento in cui il datore di lavoro ne ha avuto conoscenza. 

La Suprema Corte, nel confermare tale principio (ormai pacifico) ha nondimeno operato una ulteriore ed importante precisazione, vale a dire che il datore di lavoro “ha il potere, ma non l’obbligo, di controllare in modo continuo i propri dipendenti e di contestare loro immediatamente qualsiasi infrazione al fine di evitarne un possibile aggravamento”, non essendo ciò previsto da alcuna disposizione di legge né desumibile dai generali principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del rapporto di lavoro (artt. 1175 e 1375 c.c.). 

Un simile obbligo, a parere degli Ermellini, finirebbe per negare in radice il carattere fiduciario del lavoro subordinato, sicchè “la tempestività della contestazione disciplinare va valutata non in relazione al momento in cui il datore avrebbe potuto accorgersi dell’infrazione ove avesse controllato assiduamente l’operato del dipendente, ma con riguardo all’epoca in cui ne abbia acquisito piena conoscenza”. 

Nella sentenza in commento, in altre parole, viene correttamente valorizzato l’affidamento riposto dal datore di lavoro nella correttezza del dipendente che, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale di prime cure, non può e non deve tradursi in un danno per il datore di lavoro, né “può equipararsi alla conoscenza effettiva la mera possibilità di conoscenza dell’illecito, ovvero supporsi una tolleranza dell’azienda a prescindere dalla conoscenza che essa abbia degli abusi del dipendente”. 

Nel caso di specie, infatti, è vero che i giustificativi di spese venivano consegnati dalla lavoratrice con cadenza mensile, con la conseguenza che il datore di lavoro era, astrattamente, nella condizione di porre in essere mensilmente i relativi controlli; tuttavia, nel rapporto di lavoro in generale – e, a maggior ragione, laddove si tratti di un dipendente che, per il ruolo e le mansioni ricoperte, si trovi in una condizione di autonomia – l’operato lavorativo risulta sottratto al costante monitoraggio del datore di lavoro sul legittimo e comprensibile presupposto che gli strumenti di lavoro vengano utilizzati correttamente ed in funzione delle esigenze connesse alla prestazione. 

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