4 Giugno 2019
Con la recente sentenza n. 14066/2019 la Corte di Cassazione ha stabilito che il datore di lavoro non è responsabile per l’incidente occorso al lavoratore, il quale, ignorando la segnaletica indicante il pericolo, sia scivolato sul pavimento bagnato.
Nel corso del giudizio di appello, il datore di lavoro era stato ritenuto responsabile dell’infortunio, per non aver adottato tutte le misure organizzative adeguate al fine di prevenire l’evento; in particolare, secondo i giudici di merito l’azienda avrebbe dovuto organizzare i servizi di pulizia fuori dall’orario di lavoro dei dipendenti e, pertanto, non era stato compiuto ogni sforzo necessario per prevenire i rischi derivanti all’attività lavorativa ordinaria.
Ciò posto, si rammenta che è ipotizzabile una violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro ogni qual volta non venga rispettato l’obbligo, gravante sul datore di lavoro (in funzione di garante della sicurezza), di valutazione dei rischi presenti nei luoghi di lavoro.
Orbene, i problemi relativi alle regole cautelari e all’ampiezza dei doveri gravanti su parte datoriale nella gestione del rischio sono spesso argomentati sulla base dell’art. 2087 c.c., con specifico riferimento alle tutele necessarie a preservare l’integrità psicofisica del lavoratore, in rapporto, da un lato, alla particolarità dell’attività lavorativa e, dall’altro, all’esperienza e alla tecnica.
La valutazione dei rischi è infatti un obbligo a contenuto dinamico; deve essere rielaborato a seconda del progressivo mutamento delle situazioni lavorative in grado di incidere sulla sicurezza.
E, pertanto, la costruzione di un sistema di sicurezza idoneo e pertinente alla singola situazione aziendale rappresenta il contenuto fondamentale dell’obbligo di garanzia della figura datoriale, una sorta di obbligo sia disciplinare sia regolativo.
Ne consegue che l’eventuale responsabilità da ascrivere in capo al garante-datore di lavoro, a titolo di colpa specifica, dipenderà dalla mancata predisposizione di un sistema di cautele adeguate.
Tuttavia, tali conclusioni possono comportare diversi esiti deformanti, spesso a causa di automatismi processuali tendenti a ricondurre alla responsabilità del garante–datore di lavoro qualunque evento dannoso, aggirando i criteri necessari ad un’imputazione colpevole e portando ad una sorta di responsabilità oggettiva celata.
Orbene, secondo la Suprema Corte, sebbene il datore di lavoro debba adoperarsi al fine di adottare tutte le cautele necessarie a preservare l’integrità psicofisica del lavoratore, l’art. 2087 c.c. non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva.
Sulla base di questo assunto, la Corte ha cercato di riportare la responsabilità datoriale negli argini della colpevolezza, ritenendo sussistente una condotta colpevole del datore di lavoro solo ove l’evento sia imputabile allo stesso per colpa specifica, individuata nella violazione di norme specifiche o nell’omissione delle cautele suggerite dalla tecnica.
La regola di giudizio consolidata in giurisprudenza è quella secondo cui l’esclusione della responsabilità del datore di lavoro passa attraverso la valutazione del comportamento del lavoratore come eccezionale o aberrante, tanto da rappresentare una causa sopravvenuta e non prevedibile, da sola sufficiente a determinare l’interruzione del nesso di causalità tra la condotta e l’evento e, di conseguenza, l’assenza di colpa del datore.
Alla luce di tali considerazioni, appare pertanto evidente come, nel caso oggetto della pronuncia, la Cassazione abbia escluso la possibilità di attribuire al datore di lavoro la responsabilità del comportamento imprudente del lavoratore, il quale, scegliendo scientemente di ignorare la segnaletica di pericolo, ha scriminato la parte datoriale, adoperatasi, al contrario, nell’adozione delle cautele necessarie.