14 Aprile 2015
Come noto, con l’entrata in vigore del D. Lgs 23/ 2015, in attuazione della legge delega sul Jobs act, il legislatore ha introdotto un nuovo regime di tutela per i licenziamenti illegittimi togliendo ogni discrezionalità al giudice e prevedendo un’indennità risarcitoria crescente in ragione dell’anzianità di servizio in azienda, mentre la reintegra è applicata solo in via residuale.
Questo nuovo regime di tutele produce effetti solo verso i lavoratori assunti a tempo indeterminato o anche nei casi di conversione di contratto a tempo determinato o di apprendistato in contratto a tempo indeterminato dal 7 marzo 2015 in poi.
Una rilevante problematica si pone in merito alla tutela del licenziamento laddove vi sia stato superamento del periodo di comporto. Per maggiore completezza, è opportuno consultare le precedenti note dello scrivente al seguente link in cui sono presenti descrizioni e approfondimenti delle modalità e delle problematiche legate al suddetto licenziamento.
Per ciò che concerne le tutele, per i lavoratori assunti in data antecedente il 7 marzo 2015, non sussistono problemi; infatti nel caso in cui il licenziamento sia intimato prima dell’effettiva scadenza del periodo di comporto, il giudice lo annulla e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro nonché al pagamento di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva che non può essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto, dedotto aliunde perceptum e aliunde percipiendum, e con versamento dei contributi dovuti.
Invece, per i lavoratori assunti a tempo indeterminato dopo il 7 marzo 2015 il regime di tutela è diverso; infatti l’art. 2 del D. lgs. 23/2015 prevede la nullità solo nei casi espressamente previsti dalla legge e, tra questi, non e’ compreso il caso del licenziamento laddove non vi sia stato il superamento del periodo di comporto, con la conseguenza che (non rientrando questa tra le cause di nullità) non può applicarsi la reintegra nel posto di lavoro.
Pertanto, in tal caso, dovrebbe trovare applicazione l’art. 3 del D.lgs. 23/ 2015, il quale prevede che “nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità”.