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Il lavoro a progetto dopo la Riforma Fornero

21 Dicembre 2012

Con circolare n. 29 dell’11 dicembre 2012, il Ministero del Lavoro, ottemperando agli impegni assunti con la precedente circolare n. 18/2012, è intervenuto al fine di fornire alcune precisazioni in merito alle novità introdotte dalla Riforma Fornero (l. 92/2012), con riferimento alla disciplina del lavoro a progetto.
In proposito, occorre qui ribadire che, come già precisato con precedente nota, tali novità non riguardano i contratti esclusi dal campo d’applicazione del Titolo VII, Capo I, del d.lgs. 276/2003, e cioè, in particolare, quelli aventi ad oggetto le professioni  intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione  in  appositi albi professionali, quelli stipulati con i componenti  degli  organi  di  amministrazione  e controllo  delle  società  e i partecipanti a collegi e commissioni, nonché i rapporti intercorrenti con soggetti che percepiscano la pensione di vecchiaia.
Tali contratti, infatti, oltre a poter ancora essere stipulati senza l’individuazione di uno specifico progetto (sotto forma di co.co.co.), sono anche esclusi dalle nuove presunzioni introdotte, dalla Riforma Fornero, all’art. 69-bis del d.lgs. 276/2003, in materia di collaborazioni autonome.
Ciò premesso, la circolare in esame ha fornito alcuni chiarimenti con riferimento alle principali novità introdotte dalla Riforma Fornero, illustrando le notevoli restrizioni introdotte, con riferimento al lavoro a progetto, da tale testo normativo.
In primo luogo, il Dicastero competente – dopo aver precisato che, il nuovo testo dell’art. 61 del d.lgs. 276/2003 non prevede più il concetto di “programma di lavoro”, in quanto la concreta individuazione del significato di tale nozione aveva dato luogo a notevoli difficoltà interpretative – ha ribadito la necessità che il progetto, inserito nei contratti di collaborazione autonoma, sia “funzionalmente collegato ad un determinato risultato finale”.
Il contratto stipulato con i collaboratori, infatti (la cui forma scritta è richiesta ai fini della prova) deve riportare “la descrizione del progetto” (e non la mera indicazione dello stesso, come invece era previsto prima della l. 92/2012), con individuazione “del suo contenuto caratterizzante e del risultato finale che si intende conseguire” il quale costituisce “parte integrante” del progetto stesso.
Tale risultato, secondo le indicazioni ministeriali, deve essere “obiettivamente verificabile” e deve consistere in una “modificazione della realtà materiale che il collaboratore si impegna a realizzare in un determinato arco temporale (ad esempio sviluppo di uno specifico software e non l’attività ordinariamente necessaria ai fini della sua gestione; l’ideazione di una specifica scenografia per la rappresentazione di uno spettacolo teatrale e non mero allestimento del palco)”.
In realtà, l’elemento del risultato non costituisce di per sé una novità, in quanto la giurisprudenza di merito aveva già da tempo provveduto a precisare, anche prima della Riforma Fornero, che il contratto di lavoro a progetto costituisce una obbligazione di risultato (cfr., ex multis, Trib. Modena, 21 febbraio 2006).
La medesima giurisprudenza, tuttavia, precisava che, ai fini della legittimità del contratto, fosse sufficiente anche la finalizzazione dello stesso ad un “risultato parziale” (Trib. Trieste, 9 aprile 2009), mentre la nuova disposizione legislativa fa espressamente riferimento ad un “risultato finale”.
In tal modo, a parere dello scrivente, viene evidenziata la necessità che il contratto di lavoro a progetto sia caratterizzato da un certo grado di autosufficienza, in quanto – come precisato dal Ministero – l’attività del collaboratore deve essere idonea a realizzare “uno specifico e circoscritto interesse del committente”.
Il risultato previsto dalla normativa, inoltre, non può consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente.
Ciò non vuol dire, evidentemente, che – all’interno di una struttura sanitaria – non possano essere affidate ai lavoratori a progetto le c.d. attività core business (diagnosi, cura, riabilitazione, etc.), ma che sarà necessario che il progetto sia caratterizzato “da una autonomia di contenuti e obiettivi” (ad esempio, l’implementazione di un particolare percorso terapeutico, il compimento di una determinata ricerca, etc.), anche qualora gli stessi “si traducano in attività rientranti nell’oggetto sociale del committente”.
La Riforma, inoltre, ha limitato anche il tipo di attività che può essere affidata ai collaboratori a progetto, disponendo che la stessa non possa consistere in “compiti meramente esecutivi o ripetitivi”.
Secondo il parere ministeriale, tali compiti – individuabili anche in assenza di interventi da parte della contrattazione collettiva (che, comunque, può contribuire a creare maggiore chiarezza sul punto) – coincidono con quelle attività nelle quali non residua, per il collaboratore, “alcuna possibilità di autodeterminazione nelle modalità esecutive”, sia in ragione della natura stessa delle prestazioni richieste (compiti ripetitivi), sia qualora ciò dipenda dalla volontà del committente di dirigere puntualmente le attività del collaboratore (compiti esecutivi).
Qualora, pertanto, il rapporto abbia ad oggetto tali tipologie di attività – e, cioè, sia caratterizzato dagli elementi della “routinarietà” o della “elementarietà” – il contratto a progetto deve ritenersi non genuino.
In proposito, il Ministero, riprendendo la tecnica già utilizzata nella circolare n. 4/2008, ha fornito una elencazione di tale tipologia di attività (desunta dai prevalenti orientamenti giurisprudenziali), la quale, tuttavia, rappresenta una mera esemplificazione e, pertanto, ammette la (seppur difficile) prova contraria.
Nuovi limiti sono stati introdotti, inoltre, anche con riferimento alle modalità di esecuzione delle attività dei collaboratori, atteso che, qualora le stesse siano analoghe a quelle dei lavoratori subordinati, il rapporto di lavoro subordinato si presume di natura subordinata, salvo prova contraria da parte della struttura committente.
Al riguardo, il Dicastero competente ha precisato che – con la locuzione “modalità analoghe” – il legislatore non ha inteso vietare, ai lavoratori a progetto, di svolgere le medesime attività cui sono adibiti anche i lavoratori subordinati, ma ha previsto solo che le prestazioni dei collaboratori autonomi (indipendentemente dai compiti dedotti in contratto) siano svolte con “modalità organizzative [ad esempio: orario di lavoro; n.d.r.] radicalmente diverse” rispetto a quelle cui sono sottoposti i dipendenti.
Ad ogni modo, tale presunzione (relativa) di subordinazione non si applica per le prestazioni di elevata professionalità, le quali, al fine di una maggiore chiarezza, possono essere individuate anche dalla contrattazione collettiva (cfr., ad esempio, l’art. 49 del recente ccnl Aris per centri di riabilitazione ed RSA, il quale, nella categoria F, include i lavoratori caratterizzati da una elevata preparazione teorica, quali i fisioterapisti, i logopedisti, etc.).
Anche a tal proposito, tuttavia, il Ministero ha precisato la mera facoltà, per le parti sociali, di intervenire su tale argomento, ritenendo che, comunque, l’assenza di previsioni collettive non “condiziona l’applicabilità della presunzione”.
Quanto, infine, alla determinazione del compenso dei lavoratori, viene ribadito che – alla luce del nuovo art. 63 del d.lgs. 276/2003 – lo stesso non può essere inferiore a quello stabilito in modo specifico per ciascun settore di attività, ovvero, in assenza di previsioni specifiche, “alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto”.
Per la determinazione di tale compenso minimi, nondimeno, occorre fare riferimento ai soli “valori tabellari” previsti dalla suddetta contrattazione (e non a tutto il complesso delle voci retributive), i quali, comunque, devono essere riproporzionati in ragione dell’orario osservato e della durata del contratto.

 

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