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Il Garante per la privacy interviene sulla raccolta di dati nell’attuale situazione di emergenza sanitaria

6 Marzo 2020

Con un comunicato del 2 marzo scorso, il Garante per la protezione dei dati personali è intervenuto in riscontro alle segnalazioni pervenute circa richieste effettuate da alcuni soggetti pubblici e privati ad utenti e lavoratori di fornire informazioni in ordine al loro stato di salute, nonché sui recenti spostamenti effettuati.

Benché tali richieste siano finalizzate a contenere il rischio di contagio da Covid-19, il Garante le ritiene tuttavia non consentite.

Al proposito, infatti, quest’ultimo dapprima rammenta come la normativa d’urgenza adottata nelle ultime settimane preveda l’obbligo – da parte di chiunque abbia soggiornato negli ultimi 14 giorni nelle zone a rischio epidemiologico – di comunicarlo alla ASL competente, anche per il tramite del medico di base, che provvederà agli accertamenti previsti come, ad esempio, l’isolamento fiduciario.

Il Garante evidenzia, inoltre, che “la finalità di prevenzione dalla diffusione del Coronavirus deve essere svolta da soggetti che istituzionalmente esercitano queste funzioni in modo qualificato”, di talché “l’accertamento e la raccolta di informazioni relative ai sintomi tipici del Coronavirus e alle informazioni sui recenti spostamenti di ogni individuo spettano agli operatori sanitari e al sistema attivato dalla protezione civile, che sono gli organi deputati a garantire il rispetto delle regole di sanità pubblica recentemente adottate”.

In forza di quanto sopra, pertanto, il Garante chiarisce che i datori di lavoro devono astenersi dal raccogliere, a priori e in modo sistematico e generalizzato, anche attraverso specifiche richieste al singolo lavoratore o indagini non consentite, informazioni sulla presenza di eventuali sintomi influenzali del lavoratore e dei suoi contatti più stretti o comunque rientranti nella sfera extra lavorativa.

Tutt’al più, prosegue il Garante – stante l’obbligo del lavoratore di segnalare al datore di lavoro qualsiasi situazione di pericolo per la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro, quale appunto quella di provenire da una zona a rischio – “il datore di lavoro può invitare i propri dipendenti a fare, ove necessario, tali comunicazioni agevolando le modalità di inoltro delle stesse, anche predisponendo canali dedicati”.

Precisa, infine, il Garante che “permangono i compiti del datore di lavoro relativi alla necessità di comunicare agli organi preposti l’eventuale variazione del rischio “biologico” derivante dal Coronavirus per la salute sul posto di lavoro e gli altri adempimenti connessi alla sorveglianza sanitaria sui lavoratori per il tramite del medico competente, come, ad esempio, la possibilità di sottoporre a una visita straordinaria i lavoratori più esposti”, fermo restando che ove un dipendente, nel corso dell’attività lavorativa, dovesse entrare in contatto con un caso sospetto di Coronavirus dovrà comunicarlo, anche tramite il datore di lavoro, ai servizi sanitari competenti ed attenersi alle loro indicazioni di prevenzione.

In ragione di quanto sopra, pertanto – ed atteso che le autorità competenti hanno già previsto le misure di prevenzione generale alle quali attenersi per assicurare l’accesso dei visitatori a tutti i locali aperti al pubblico nel rispetto delle disposizioni d’urgenza adottate – il Garante “invita tutti i titolari del trattamento ad attenersi scrupolosamente alle indicazioni fornite dal Ministero della salute e  dalle istituzioni competenti per la prevenzione della diffusione del Coronavirus, senza effettuare iniziative autonome che prevedano la raccolta di dati anche sulla salute di utenti e lavoratori che non siano normativamente previste o disposte dagli organi competenti”.

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